Scoperta la Grotta nei gessi con il torrente sotterraneo 

San Valentino, si trova nella cavità “Primavera”, già esplorata a maggio A segnalarla agli speleologi è stato un cercatore di asparagi della zona

SAN VALENTINO . Poco più che una “fessura” nella roccia, ma per gli speleologi che l’hanno attraversata la ricompensa è stata al di sopra di ogni aspettativa: una bellissima “Grotta nei gessi”, il letto di un torrente sotterraneo (asciutto al momento dell’esplorazione), e un cunicolo molto stretto che dopo circa 150 metri va a ricongiungersi alla voragine di accesso alla cavità già esplorata.
GROTTA PRIMAVERA. Continua a riservare sorpresa la “Grotta Primavera”, scoperta a maggio nella Valle dell’Orta, nel territorio di San Valentino in Abruzzo Citeriore (in provincia di Pescara), e che si va caratterizzando per essere, al momento, la più significativa della Maiella. A segnalare per primo la presenza della voragine, grazie alla quale è stato possibile accedere nella cavità ipogea, è stato un cercatore di asparagi, il signor Amedeo Primavera, di San Valentino. E quando Valerio Natarelli, Aurelio D’Urbano e Gabriele La Rovere, speleologi del Graim (Gruppo di Ricerca di Archeologia Industriale della Majella ), e dello Speleo Club Chieti, già impegnati in una ricerca sulle miniere abbandonate della Maiella, con una corda si sono calati nella grotta hanno capito subito che erano solo all’inizio. Alla seconda esplorazione, in notturna, ha partecipato anche Marco Carafa, speleologo-zoologo del Parco nazionale della Maiella per il monitoraggio dei pipistrelli, visto che nella grotta ne sono stati trovati diversi esemplari; la terza volta c’erano anche gli speleologi del gruppo grotte e forre “F. De Marchi” dell’Aquila.
UN MONDO SOTTERRANEO. Le esplorazioni successive alla prima hanno rivelato una galleria di circa trecentocinquanta metri, caratterizzata dalla presenza di un corso d’acqua sotterraneo a regime torrentizio a tre ingressi, un inghiottitoio a monte, una dolina di crollo e una risorgenza; tra i materiali trascinati dalle acque sono stati rinvenuti dei reperti archeologici al vaglio della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Abruzzo.
LA RICERCA CONTINUA. «Il versante del massiccio compreso tra Scafa, San Valentino in Abruzzo Citeriore, Manoppello, Lettomanoppello, Abbateggio e Roccamorice, ma anche Tocco da Casauria, Caramanico, Turrivalignani, Bolognano, Serramonacesca e Popoli», dice Gabriele La Rovere, «è di particolare interesse storico-archeologico-industriale. Le prime tracce dello sfruttamento minerario sulla Maiella», spiega lo speleologo del Graim, risalgono al Neolitico; un panetto di bitume rinvenuto nel comprensorio è stata datato circa 4700 avanti Cristo, ma è stato rinvenuto un altro panetto risalente a duemila anni fa che attesta che l’impero romano cavava questo materiale nella zona. Nei secoli successivi l’attività estrattiva è testimoniata dalla presenza pionieristica di piccoli imprenditori locali, ma è in epoca moderna, tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento, che venne organizzata in forma industriale e fece del bacino minerario uno dei giacimenti di rocce asfaltiche e rocce bituminose tra i più importanti d’Italia».
LE MINIERE DI BITUME. Lo sfruttamento intensivo iniziò a partire dal 1844, da parte dell’imprenditore teatino Silvestro Petrini e successivamente dal toccolano Donato Paparella; in seguito arrivarono le compagnie minerarie straniere. L’eredità di questa grandiosa attività estrattiva è custodita nella memoria dell’ultima generazione di minatori. Della ventina di miniere censite restano centinaia di gallerie sotterranee: chilometri di binari, carrelli, bunker sotterranei, montacarichi, tramogge, stazioni di carico, stabilimenti e centrali idroelettriche. Un progetto per la valorizzazione sei siti è stato avviato di recente dall’Agenzia del Demanio in collaborazione con la Soprintendenza, il Parco nazionale, Regione, Provincia e Anci.