Terapia di gruppo e tutor per uscire dalla dipendenza dalle slot / VIDEO

Teramo, il parere del terapeuta Di Carlo di fronte al dilagare del fenomeno

TERAMO. Sono di norma le famiglie a scoprire che in casa c'è il «mostro». Così viene identificata, dagli stessi giocatori e dai loro familiari, la patologia di chi si ammala di gioco d'azzardo. Un «mostro» dalla cui morsa è difficile liberarsi, che crea danni economici, ma anche affettivi e sociali nella vita di chi ci resta invischiato. Chi gioca e perde tutto, finisce per distruggere anche il mondo delle relazioni che lo circonda. Gli stipendi spariscono, i debiti aumentano, le case vengono pignorate, arrivano divorzi e isolamento. Si vive in balìa del nervosismo, degli incubi di notte, della depressione, a rischio usura.

Tra le dipendenze, il «gap» (gioco d’azzardo patologico) è forse la più complessa da estirpare e soprattutto, «il grande problema, è farla emergere». Così spiega Cesare Di Carlo, direttore del Sert della Asl di Teramo, a Giulianova. Qui vengono curate circa 700 persone all’anno coinvolte in varie tossicodipendenze: sostanze stupefacenti, problemi alcol-correlati e gioco compulsivo. Di queste, nel 2013 sono stati 41 i pazienti «gap» in cura al Sert. Erano 26 nel 2012. Nel 2014, anche se i dati non sono ancora definitivi, sono state finora 50. Un trend pericolosamente in crescita.

Come ci si accorge che una persona è un giocatore d’azzardo patologico?

«Attraverso la famiglia, che viene investita duramente dalle conseguenze del gioco d'azzardo, che diventa compulsivo e finisce per stravolgere l’economia del nucleo familiare. Di solito è la famiglia che presenta il problema all'esperto».

Quali sono i segni per riconoscere un giocatore compulsivo?

«Tra i segni che vengono riferiti, oltre a quelli legati alla situazione economica disastrosa in cui si viene a un certo punto a trovare la famiglia, viene raccontato che la persona è nervosa, agitata anche di notte, con degli incubi. Queste persone fanno, poi, un utilizzo raffinato e scientifico della menzogna. I giocatori d'azzardo, quando arrivano al gap, sono professionisti della menzogna».

Qual è il target e l’età di chi cade nella trappola del gioco?

«Il target si diversifica a seconda della situazione sociale d’appartenenza: in provincia prevale la tendenza a tentare i giochi classici; nelle aree metropolitane prevalgono i giochi online. Ogni giorno ne spuntano di nuovi, come per esempio, le corse virtuali di cani e di cavalli. Quanto all’età, non esiste una fascia di età prevalente: giocano individui dai 14 ai 90 anni».

Come trattano gli esperti questa patologia?

«Attraverso una terapia individuale con approccio di tipo cognitivo-comportamentale. Oppure attraverso quella del gruppo di auto-mutuo aiuto, la strategia più efficace perché rinforza la motivazione. Nella Asl di Teramo seguiamo un gruppo di 20 persone fra utenti e tutor. Nell'affrontare il problema del gioco d'azzardo la figura di tutor, normalmente un familiare, è importante. È quella che deve gestire le risorse economiche del soggetto patologico. Il gruppo è partito nel maggio del 2013, e si è visto che tra gli utenti accompagnati dal tutor non c'è stato alcun abbandono e quattro hanno già festeggiato il primo anno di astinenza. Invece tre di coloro che ne erano sprovvisti hanno lasciato la terapia». Un tempo enorme per chi è abituato a scandirlo con il suono delle slot. (m.g.)

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