L’editoriale

Il Santo Stato

23 Aprile 2025

Meloni proclama 5 giorni di lutto nazionale per Francesco. Donald Trump e gli altri potenti della Terra si inginocchiano davanti al suo feretro, impegnati in cori apologetici. Domanda. Chi difenderà i migranti, ora?

PESCARA. Dal “Quarto Stato” di Pellizza Da Volpedo al “Santo Stato” di Papa Francesco: la comunità di chi va protetto nel tempo degli sciacalli. C’è un corteo simbolico quasi sacro, in questo Pontificato, un coro di “invisibili” a cui Bergoglio ha dato, lottando cocciutamente e senza risparmio, visibilità, dignità e onore. Un corteo che oggi – nel giorno del lutto – arriva fino a noi come un messaggio in bottiglia, e viene recapitato ai potenti della terra come un avviso di garanzia postdatato. Non c’entrano nulla la politica e gli slogan, la destra e la sinistra: questo è un ideale umano sublimato dalla fede di un Papa.

Questa nuova novella Francesco ha iniziato a celebrarla appena eletto a Lampedusa, parlando da un altare di assi policrome incollate, prese da barche scampate ai naufragi: era il 18 luglio 2013. Capimmo subito che non era un episodio. Francesco lo avrebbe fatto di nuovo a Cagliari, il 22 settembre dello stesso anno, in una messa epocale che celebrava (non a caso) la Madonna di Bonaria, ovvero Bon-aire, Buenos Aires, la protettrice Italo-argentina dei naufraghi che unisce Italia e Latinoamerica: “Quando tutto sembra fermo e stagnante”, gridò dal palco, parlando dei migranti, “quando i problemi sociali non trovano le risposte dovute, non arrendetetevi”. Nulla fu come prima. Molti si commossero alle lacrime sentendo da Bergoglio la storia del naufragio che aveva unito la Sardegna all’Argentina nel segno del naufragio. Ma questa vicenda magica – per chi non la ricorda – la racconterò, con le sue parole di quel giorno, solo alla fine.

Torno a quei momenti magici. Avendo avuto la fortuna di seguire quei primi passi di Francesco da inviato del mio giornale, non posso dimenticare l’emozione, ma anche lo stupore (persino tra noi cronisti), quando stretti come sardine in mezzo a quattrocentomila persone, pacificamente travolte dall’entusiasmo, sentivamo rimbombare quel grido: “Non datevi per vinti! Non fate vincere il pessimismo!”. Sotto il palco il Papa, ancora splendidamente in forze, teneva ostentatamente in seconda fila le autorità, abbracciando bambini, donne, minatori del Sulcis, con il casco giallo. Era una lingua nuova, come ha splendidamente spiegato ieri Francesco Merlo su queste pagine, in un intrigante dialogo con il Bergoglio-scettico Giuliano Guida Bardi. Era una nuova parola che cambiava le cose, senza neanche bisogno di diventare diritto canonico. Un verbo a cui Francesco non ha rinunciato fino a che l’ultima particella di ossigeno che aveva nei polmoni non si è esaurita.

Oggi però bisogna onorare questo Papa senza offendere la sua testimonianza. Tutti hanno il diritto di celebrarlo, o anche di dissentire civilmente dal suo messaggio, sia chiaro: ciò che non si può fare è cercare la botte piena e la moglie ubriaca, baciare la pantofola del Santo, dopo averlo bestemmiato in vita. Non possono esistere esegeti “francescani” e “anti-bergogliani”. Io, per esempio, se non altro per una questione di stile, fossi nei panni del vicepresidente americano Jd Vance, non andrei in giro a vantarmi di essere stato l’ultimo a incontrare il Santo Padre, se non altro per l’immagine ufficiale in cui Francesco lo contempla esterrefatto (e poi per la fama da iettatore che Vance si è procacciato il giorno dopo). Ma il tema è la coerenza: non si possono postare compiaciuti le foto dei migranti nelle gabbie, o in catene, e poi battersi il petto per questo Papa. Mi sentirei in difficoltà, anche nei panni di Matteo Salvini, se dopo la battaglia per non far sbarcare le navi dei migranti nei porti, improvvisamente folgorato sulla via di Damasco, per inseguire l’enorme onda di affetto verso Borgoglio, avessi pubblicato tweet misticheggianti del tipo: “Ha raggiunto la casa del padre”. Non è una questione politica, ma di stile: se si è andati a Pontida a regalare le t-shirt con scritto “Il mio Papa è Benedetto”, poi non si può saltare sulla barca – scusate! – sulla zattera del vincitore. Ed ecco i fatti di queste ore: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni proclama cinque giorni di lutto nazionale per Francesco. I potenti della terra, da Trump a Zelensky, annunciano che voleranno a Roma, per inginocchiarsi davanti al suo feretro. Tutti in queste ore si impegnano in cori apologetici. Ma se c’è qualcuno che conosce il dolore di chi parte, quelli sono gli abitanti dei tanti Sud del mondo, del meridione d’Italia, e soprattutto dell’Abruzzo, che – come il Centro racconta spesso – accoglie tutti generosamente, senza clamore e senza traumi. Ora vorrei però che tornaste con me davanti a quel Papa Bergoglio del 2013 che spiegava perché in Argentina si venerava una Madonna partita da Cagliari. Il 25 marzo 1370 – raccontava Papa Francesco – una nave, che dalla Catalogna si dirigeva verso l’Italia, si imbatté in una violenta tempesta. Nell'estremo tentativo di salvare l'equipaggio – aggiungeva il Papa – il capitano della nave ordinò di gettare in mare tutto il carico, compresa una pesante e grande cassa, di cui si ignorava il contenuto, che fu gettata per ultima. Il mare, come per incanto, smise di ruggire. E le onde svelarono il contenuto della cassa, una donna con in braccio un bambino. La madonna di Bonaria. Ricordo cosa accadde quando Papa Francesco chiuse, con questo apologo potente, il cerchio della grande storia: “Al momento della nascita di Buenos Aires, il suo fondatore voleva nominarla Città della Santissima Trinità, ma i marinai sardi che lo avevano portato laggiù, volevano che si chiamasse Città della Madonna di Bonaria. Vi fu una dura disputa tra catalani e italiani, alla fine, per trovare un compromesso, il nome della città risultò lungo: Città della Santissima Trinità e Porto di Nostra Signora di Bonaria. Era già la mia città – sorrideva Francesco – e di quel nome tanto lungo sono rimaste solo le due ultime parole: Bonaria, Buenos Aires. In ricordo della vostra Madonna».

Domanda. Ora che questo pittorico “Santo Stato” fatto di ultimi, migranti e naufraghi è rimasto senza il suo narratore, chi difenderà i migranti dai lupi travestiti da agnelli?