TODAY

14 febbraio

Oggi, ma nel 1941, a Genova, il bombardamento dell’ospedale Galliera, nell’operazione militare Grog da parte della flotta navale britannica, che aveva distrutto alcune sale operatorie, impediva l’intervento chirurgico addominale che avrebbe consentito di salvare la vita a Giuseppe Rensi (nella foto, particolare, da un ritratto disegnato). Dal 1918 era stato titolare della cattedra di filosofia morale all’università della Città della lanterna, ma poi aveva dovuto lasciare per aver osato opporsi al Duce.

Rensi, ricoverato dal 9 febbraio precedente, moriva a 70 anni, nel giorno di San Valentino, per conseguenze legate alla cosiddetta “beffa di Genova”, posta in essere durante il secondo conflitto mondiale, che aveva causato il decesso di 144 civili e il ferimento di 272 persone, la distruzione di 254 edifici di rilievo. Rensi, che era anche avvocato, era stato un importante esponente socialista non solo nel Belpaese. Naturalizzato svizzero quando era stato costretto all’esilio per i moti milanesi del 1898, quelli repressi a cannonate dal generale Fiorenzo Bava Beccaris, nel 1903 era stato eletto primo rappresentante del partito del garofano nel consiglio del Canton Ticino.

Al rientro sul suolo italico la sua contrarietà al regime mussoliniano lo aveva portato a firmare il manifesto degli intellettuali contro il fascismo, promosso da Benedetto Croce, e aveva pagato questo suo gesto con la sospensione dall’insegnamento accademico. Tra i suoi lavori vi era la critica della religione e l’apologia dell’ateismo, argomento affrontato dal 1930. Questo suo pensiero lo aveva portato all’isolamento nel mondo filosofico italiano del tempo, nel quale dominava il neo-idealismo crociano-gentiliano. Era apprezzato e difeso da Ernesto Buonaiuti e dal suo collaboratore Adriano Thilgher. Entrambi erano intellettuali controversi del panorama filosofico tricolore, estremamente critici nei confronti dell’impostazione di Giovanni Gentile.

Proprio Buonaiuti, studioso di storia del cristianesimo, scomunicato e ridotto allo stato laicale dalla Chiesa di Roma, bollato come eretico, anche lui allontanato dalla cattedra nel 1931 per aver detto “no” al giuramento di fedeltà verso Benito Mussolini, aveva coniato per Rensi la formula dello “scettico credente”, nel volume così intitolato, pubblicato dall’editore Partenia di Roma, nel 1945. Il primo lavoro di Tilgher dedicato a Rensi, invece, era del 1938: “Un moralista”. In anni più recenti sarà il politologo Augusto Del Noce, ordinario di storia delle dottrine politiche all’università La Sapienza di Roma, futuro senatore democristiano nel 1984, dotato di gran seguito tra gli studiosi dell’ateismo non solo italiani, a riportare in auge il criticismo religioso di Rensi. Lo farà nello scritto “Giuseppe Rensi tra Leopardi e Pascal, ovvero l’autocritica dell’ateismo negativo in Giuseppe Rensi”, che verrà inserito nel volume curato da Michele Federico Sciacca “Una giornata rensiana, 30 aprile 1966, pubblicato da Marzorati di Milano, nel 1967.