Le parole magiche che aiutavano a crescere

«Tu pendi…». Erano le parole magiche, brevi e incisive, che unite al tono severo e allo sguardo minaccioso, mia madre pronunciava quando, secondo lei, stavo esagerando nell’entusiasmo dei giochi o in qualche infantile protesta. Tu pendi… come la Torre di Pisa che sta lì lì sull’orlo della catastrofe, ma ancora non cade e quindi può restare sospeso o addirittura raddrizzarsi e salvarsi per sempre. Tu pendi… con la pelle che già formicolava nella paura di una sculacciata, che a me comunque non arrivava mai, perché bastavano quelle due parole a fermare ogni esagerata esuberanza.

A noi di qualche generazione fa, ci hanno tirato su con un infinito dizionario di frasi codificate per ogni occasione, probabilmente tramandate sempre uguali fin dalla notte dei tempi da altri padri e da altre madri, di secolo in secolo. «Questa caverna non è un albergo» che diventa via via «questa palafitta…», «questa capanna…», «questa casa…»

Un lessico familiare comunque intriso d’amore che, in mancanza di libri di psicologia infantile, serviva a preparare i figli ad affrontare il mondo, insegnando che vivere, alla fin fine, significa trascrivere un bilancio a pareggio tra i diritti e i doveri.

Un bel voto a scuola? «Hai fatto solo il tuo dovere». Un dovere che non prevedeva premi o lusinghe: la promozione era un fatto scontato, fuori discussione, la bocciatura neppure contemplata (e nel caso fosse arrivata, una tragedia). E il professore aveva sempre ragione.

Ci insegnavano, queste lapidarie frasi, ad avere rispetto. Per i genitori e per gli altri. «Non rispondere», «Non interrompere i grandi» (gli adulti erano “grandi” per definizione), «Copriti la bocca quando sbadigli, quando tossisci».  A tavola «stai composto», «non parlare con la bocca piena», «togli i gomiti dal tavolo». Niente libri, (altro che telefonini!): a tavola ci si raccontava la giornata e a fine pasto si chiedeva il permesso per alzarsi.

E poi c’era la frase principe, quella che racchiudeva in sé tutto l’amore del mondo: «Stai attento…». In due parole, la summa di tutti gli insegnamenti e le raccomandazioni presenti e future. C’era dentro il «non parlare con gli sconosciuti», il «se cadi, ti ci meno sopra», il «torna prima che fa buio», «non ti mettere nei guai», «non frequentare cattive compagnie», tutti condensati in un fremito di preoccupazione a saperci soli nel mondo, ma con la consapevolezza che ci avevano dato tutti gli strumenti per andare. La buona educazione, il rispetto e l’attenzione.

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