Alimonti, dipendenti in assemblea I sindacati: silenzio dell’azienda

Lunedì pomeriggio incontro dei lavoratori davanti ai cancelli del molino di Villa Caldari Pescara (Fai-Cisl): «Vogliamo sapere quali iniziative sono state prese per il concordato preventivo»
ORTONA. La disperazione per il posto di lavoro che appare sempre più incerto li porterà davanti ai cancelli dello stabilimento. Sono i circa 80 dipendenti del Molino Alimonti che, insieme ai sindacati, hanno indetto per lunedì pomeriggio un’assemblea all’ingresso della fabbrica di Caldari che un anno e mezzo fa cessava la produzione al culmine di una crisi di liquidità sfociata poi in un concordato preventivo tra i creditori.
Ma con soluzioni alternative alla conduzione familiare che tardano a materializzarsi, mentre la ripresa delle attività scivola in esorabilmente verso marzo 2014, la data di scadenza della seconda e ultima annualità della cassa integrazione straordinaria.
Tra operai, autisti e impiegati, i dipendenti sono affiancati da Flai-Cgil e Fai-Cisl fin dall’inizio della vertenza cominciata nel 2010, quando si registrò la prima flessione negli ordinativi e di conseguenza sul fatturato, fino a allora stabile al di sopra dei 100 milioni l’anno.
«I lavoratori hanno il diritto», attacca Franco Pescara, segretario regionale della Fai- Cisl, «di sapere quali mosse l’azienda sta compiendo nel quadro del concordato. Questo silenzio che dura da almeno due mesi non piace nemmeno a noi sindacati», aggiunge, «poiché senza raccordo non si può nemmeno impostare una collaborazione nelle diverse sedi istituzionali in cui è stato aperto il confronto sulla vertenza».
Dalla famiglia Alimonti era atteso un segnale di ripresa della produzione, evento possibile soltanto attraverso il subentro di una nuova cordata di imprenditori o l’accordo con un grande fornitore di materia prima o un marchio già attivo nel settore molitorio. Pescara, che parteciperà all’assemblea insieme alla sua omologa della Flai, Ada Sinimberghi, lamenta la latitanza del Molino in un momento cruciale del confronto. «Abbiamo più volte telefonato cercando di parlare soprattutto con l’amministratore delegato Francesco Norcia, ma dall’altra parte non abbiamo trovato interlocutori. Non è un comportamento corretto», aggiunge.
I dipendenti commentano su registri che vanno dalla meraviglia all’acredine, atteggiamento favorito dalla sensazione di essere stati traditi dall’azienda che in qualche caso per decenni ha accompagnato la loro vicenda lavorativa. «È strana tutta la questione», ci racconta uno di loro, «la Alimonti è l’unica impresa del settore alimentare in crisi, sarebbe interessante capirne le cause. E fa male», aggiunge, «vedere che i nostri concorrenti di una volta lavorano a tutto spiano, mentre il patrimonio in attrezzature e mezzi va in malora».
Francesco Blasi
©RIPRODUZIONE RISERVATA