Autobomba per il marito, avvocatessa condannata a 10 anni

Viviana Pagliarone, di San Vito Chietino, ha fatto piazzare un ordigno sulla macchina del coniuge, che è vivo per miracolo
SAN VITO CHIETINO. Certe volte, l'amore che finisce non lascia solo macerie sentimentali, ma progetta rovine vere, fatte di lamiere e fuoco. Un'ossessione che trasforma un legame familiare in un movente, e un'aula di tribunale nel punto d'arrivo di un piano di morte. Dieci anni di carcere. È la condanna che chiude il cerchio sull'attentato ordito da un'avvocatessa di San Vito Chietino, Viviana Pagliarone, per eliminare l'ex marito, il maggiore della guardia di finanza Gabriele Agostini, sopravvissuto per miracolo all'esplosione di una bomba piazzata nella sua auto.
La sentenza è stata emessa - con il rito abbreviato - dal giudice per l’udienza preliminare di Napoli, Federica de Bellis, che ha accolto le richieste del pubblico ministero Maurizio De Marco, sancendo l'epilogo di una vicenda nata in Abruzzo e consumatasi il 21 marzo 2023 a Bacoli, in provincia di Napoli. La condanna per tentato omicidio della Pagliarone segue di pochi mesi quella inflitta, il 13 novembre 2024, all'esecutore materiale, il cinquantunenne Franco Di Pierno, anche lui condannato a dieci anni, sempre con il rito abbreviato.
Fu un agguato studiato per non lasciare scampo. L'ordigno, un chilo di esplosivo confezionato, secondo gli artificieri, «da mano esperta», era stato posizionato in un punto strategico della vettura, a ridosso del serbatoio, per innescare un inferno di fuoco. L'esplosione, attivata con un telecomando, trasformò l'abitacolo in una trappola mortale. Solo un disperato salto da un finestrino, mentre le fiamme già avvolgevano la macchina, salvò la vita al maggiore Agostini. Le intenzioni, scrissero gli inquirenti, erano inequivocabilmente quelle di «ottenere la morte della vittima».
Dietro a una violenza così estrema, le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo di Napoli hanno svelato un movente radicato in una querelle familiare: l'affidamento del figlio della coppia. Secondo quanto emerso, Pagliarone, decisa a risolvere la disputa, si era rivolta a Di Pierno chiedendogli di intervenire «con le buone o con le cattive». Una richiesta che, stando alle dichiarazioni del bombarolo, si era spinta fino al suggerimento di «rivolgersi all'ambiente malavitoso di San Severo».
L'inchiesta ha ricostruito meticolosamente la preparazione dell'attentato, trovando prove schiaccianti nei dispositivi elettronici. L'analisi dei cellulari, soprattutto quello di Di Pierno, è stata determinante: all'interno sono state isolate foto della vittima e messaggi inviati dalla Pagliarone, una scia digitale che ha tracciato il filo rosso del complotto. Le telecamere di videosorveglianza hanno immortalato Di Pierno durante i sopralluoghi a Bacoli, mentre i registri di un albergo hanno confermato la sua presenza a meno di 400 metri dall'abitazione del finanziere la notte prima dell'attentato.
Le tracce della cospirazione portano anche sulla costa chietina. Il 6 aprile 2023, i carabinieri documentarono un incontro a San Salvo Marina. In un parcheggio sul lungomare, Pagliarone, accompagnata dalla madre e dal fratello, incontrò Di Pierno. I due si allontanarono per una lunga passeggiata, parlando fitto. Interrogati successivamente, i familiari della donna negarono di conoscere Di Pierno, una versione definita dagli investigatori «decisamente falsa», che ha rafforzato il quadro di un piano condiviso e protetto dal silenzio.
Ora le sentenze hanno scritto la verità processuale. Quella di un'avvocatessa che, accecata dal rancore, ha cercato nell'esplosivo la soluzione a un dramma privato. Un legame familiare trasformato in un movente, le cui prove sono rimaste impresse non nel fumo dell'esplosione, ma nella memoria di un cellulare.
©RIPRODUZIONE RISERVATA