Barista-schiava, è un’ondata di indignazione

13 Novembre 2025

Michele Marino, segretario provinciale di Sinistra italiana: «Chi ha sfruttato non si è posto alcun limite morale, trattata come un animale in un clima di impunità»

CHIETI. Ha scatenato un’ondata di indignazione la notizia, pubblicata dal Centro, della barista ridotta in schiavitù dalla titolare di un bar del Chietino. Sulla vicenda interviene Sinistra italiana. «Chi ha sfruttato non si è posto alcun limite morale. Ma colpisce, anche, che lo sfruttamento avvenisse sotto gli occhi dei clienti», dice Michele Marino, segretario provinciale di Chieti. «La vittima è stata trattata come un animale. Se la sfruttata non si è ribellata, vuole dire che si trovava in una condizione di particolare debolezza. Oltre allo sfruttamento va condannata anche la volontà di approfittarsi della debolezza altrui. E i frequentatori del bar? Nessuno ha mai trovato strano un impegno giornaliero tanto duraturo? Chi ha creduto di poter agire in maniera così crudele ha respirato intorno a sé un clima di impunità».

«È una situazione criminosa, che ci deve però portare a riflettere sulla responsabilità sociale», aggiunge il segretario regionale Daniele Licheri. «Soprusi che possono avvenire sotto i nostri occhi e che non vengono individuati, in un contesto di deregolazione del lavoro che porta a considerare normale ciò che normale non è. Vanno riposte al centro regole contrattuali e salariali certe».

La donna, in base alle indagini dei carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro di Chieti, era in profondo stato di «inferiorità psichica», in condizione di fragilità aggravata dall’«assenza di alternative esistenziali validamente percorribili», costretta a lavorare in un bar 18 ore al giorno, a dormire su un divano nella cucina dello stesso locale e sorvegliata 24 ore su 24 da una telecamera. Il tutto senza contratto di assunzione e senza stipendio, perché la donna risultava, sulla carta, amministratore della ditta. Ora c’è una 43enne indagata dalla procura distrettuale dell’Aquila con l’accusa di riduzione e mantenimento in schiavitù. Il pubblico ministero Roberta D’Avolio ha disposto un accertamento irripetibile sul materiale informatico sequestrato durante le perquisizioni.

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