Bonanni: il mondo del lavoro deve tanto a Papa Wojtyla

19 Novembre 2012

VASTO. «Sono contento di darle il benvenuto. Conosco la stima che l’arcivescovo Bruno Forte nutre per lei e l’amicizia che vi lega». Con queste parole, don Gianni Sciorra saluta Raffaele Bonanni,...

VASTO. «Sono contento di darle il benvenuto. Conosco la stima che l’arcivescovo Bruno Forte nutre per lei e l’amicizia che vi lega». Con queste parole, don Gianni Sciorra saluta Raffaele Bonanni, segretario generale Cisl invitato per parlare di Giovanni Paolo II e del lavoro.

Nella chiesa di San Paolo, che per l’ultimo giorno ha ospitato il reliquiario con il sangue del pontefice, ad ascoltarlo, tra i fedeli, c’è lo stesso arcivescovo che celebra la messa, ci sono gli operai e parlando di lavoro e dignità Bonanni si rivolge a tutti loro.

«Purtroppo oggi il lavoro è stato svalutato e così anche la dignità di chi lavora», sottolinea il segretario generale Cisl. «Parlare di lavoro davanti alla reliquia del papa, in un momento di crisi e recessione come questo, è significativo. Woityla è stato lui stesso un operaio e il suo pontificato ha segnato la mia personale esperienza di fede oltre che quella di sindacalista», racconta Bonanni. «Con grande forza è riuscito a segnare e rinnovare la Chiesa. Il giorno del suo attentato, nel 1981, ero a Palermo a una trattativa sindacale. Ci fu un generale smarrimento e i lavori furono bloccati. C’era odio per un Papa venuto da lontano, era un uomo che faceva paura più di un esercito armato ma in tanti andammo in cattedrale per una veglia. Durante la preghiera, il cardinale Pappalardo ci incitò a vedere con speranza i giorni successivi», ricorda Bonanni.

«Un anno dopo, a novembre, il papa venne nei cantieri navali di Palermo. Celebrò la messa nel piazzale di fronte al mare e toccò a me, in qualità di segretario provinciale, fare il saluto ufficiale. Per qualcuno fu una visita scomoda, una interferenza. Non ho più visto uno striscione grande come quello preparato dagli operai con la scritta Totus tuus», dice Bonanni. «Nel mio percorso è stata fondamentale la lettura dell’enciclica sul lavoro. Un vero colpo di fulmine per me, era un momento di crescita per l’Italia e traspariva la sua attenzione per il mondo del lavoro. L’enciclica ha sciolto molti nodi facendomi capire quanto fosse importante l’operato dei sindacati per sostenere i lavoratori, il bene comune e l’idea di giustizia, lontano da lotte politiche e interessi di classe», aggiunge.

«L’ho incontrato ancora una volta in occasione della lettura di Centesimus annus e l’ultima volta, la quarta, in cui ho visto Karol Wojtyla, è stato poco prima della sua morte ed ho avvertito la sua sofferenza, era palpabile», ricorda commosso il sindacalista. «È stato un Papa che ha lasciato un messaggio forte, incisivo, di una Chiesa sorella di altre Chiese, il papa dei giovani, schierato contro il capitalismo selvaggio. Il mondo del lavoro gli deve tanto», conclude.

Simona Andreassi

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