Un detenuto ha tentato di bruciare il materasso della cella: una nube nera ha avvolto l’ala della struttura

Carcere, agenti intossicati dal fumo

Dimessi dall’ospedale: «Tragedia sfiorata, ma siamo sempre in pochi»

LANCIANO. Hanno lasciato l’ospedale dopo 4 ore di accertamenti. Si temeva per la loro salute con quel fumo acre e denso che in pochi istanti ha avvolto una sezione del supercarcere mettendo a rischio anche la vita dei detenuti. E’ stata una tragedia sfiorata quella nella casa penitenziaria di Lanciano, dove un detenuto ha bruciato un materasso. In ospedale sono finiti quattro agenti. La vicenda ha riproposto il tema dell’esiguità del personale di Villa Stanazzo.

L’incendio si è sprigionato l’altro giorno intorno alle 17,30. Un detenuto, per ragioni da chiarire, ha cercato di dare alle fiamme il materasso della sua cella con un accendino. Il materasso è in materiale ignifugo: l’involucro non ha preso fuoco ma ha sprigionato tanto fumo. In pochi secondi l’aria nella sezione era irrespirabile. Sono stati i detenuti delle altre celle - tre in quel giorno, altrimenti la sezione ne accoglie 12 - a far scattare l’allarme, visto che in quella zona non c’erano agenti, con la sorveglianza affidata, per prassi, a un poliziotto in servizio altrove. I tre detenuti sono stati allontanati dalle stanze e messi in sicurezza dagli agenti giunti in soccorso, mentre i poliziotti rimasti tra il corridoio e la cella dell’incendio sono intervenuti con gli estintori. Ma quattro agenti hanno accusato malori.

La vicenda ha rilanciato il tema della carenza di personale a Villa Stanazzo, supercarcere per 200 detenuti ma con 300 ospiti, stante il numero esiguo di agenti. «Siamo in protesta dal 28 settembre», dice Ruggero Di Giovanni, segretario provinciale Uil penitenziari, «ma nessuno ci ascolta. Siamo sottodimensionati qui e vogliono mandare altri detenuti. Si aspetta l’irreparabile prima di prendere provvedimenti».

Ma il carcere di Villa Stanazzo non è solo condizioni dure in cui vivere e per le quali protestare. Sono molte le attività ricreative in campo e l’anno nuovo ne porterà un’altra. La sezione lancianese del Csi (Centro sportivo italiano) «adotterà» il campo sportivo del penitenziario per allestire una scuola calcio e un corso per arbitri con allenatori e docenti volontari. Il «patto» è tra il presidente del Csi, Loris Monteamaro e il designatore arbitrale Antonio D’Ovidio, con il benestare del direttore dell’istituto, Massimo Di Rienzo, e del comandante commissario Nicola Pellicciaro.

Il Csi collabora già con il supercarcere: ogni anno la squadra del campionato amatori che vince la sezione fair-play disputa un’amichevole con i detenuti. Per il prossimo anno è in cantiere un progetto più grande, che potrà offrire un piccolo beneficio ai detenuti una volta fuori dal carcere. «Con l’abilitazione alla professione di arbitri per la federazione amatori Csi i partecipanti», spiega l’ispettore capo Pellegrino Gaeta, «potrebbero ottenere un piccolo reddito con una qualsiasi sezione Csi in Italia, alla quale iscriversi quando torneranno in libertà».