Chieti Calcio, Di Labio smentisce D’Arcangelo: «Il suo ruolo? Trova gli sponsor»

28 Ottobre 2025

Altair si è definito come l’uomo della Wip, la società ora fallita che detiene l’85% delle quote del club. Ma adesso il presidente lo contraddice in diretta televisiva: «Non è mai stato il loro rappresentante»

CHIETI. C’è il Chieti calcio dei sogni, quello che disegna stadi da 30 milioni di euro, con la stessa solidità dei castelli di sabbia a pochi passi dalle onde. E poi c’è il Chieti calcio della gestione quotidiana, quello a cui staccano il gas all’Angelini come a un qualunque inquilino moroso. È una tendenza diffusa, forse, quella di confondere gli annunci con i bonifici, i rendering con le fondamenta. Un paradosso dove il futuro è luminoso e milionario, ma il presente fatica a onorare le utenze. E dove, come ultimo capitolo della commedia, si ridefiniscono i ruoli: l’uomo che per mesi si è presentato come l’anima del progetto viene ora declassato. Ci pensa il presidente Gianni Di Labio, intervenendo alla trasmissione La domenica sportiva su Rete8, a smentire il passato: Altair D’Arcangelo, sostiene, non è mai stato rappresentante della Wip Finance, la società svizzera che ha rilevato l’85% delle quote del club, e dunque patron neroverde. Il suo ruolo – dice ancora Di Labio – è stato, ed è tuttora, semplicemente quello di trovare gli sponsor.

In questo coacervo di contraddizioni, lui si è imposto come uomo-simbolo: Altair D’Arcangelo. Nessun ruolo ufficiale, forse per la prudenza richiesta da alcuni suoi trascorsi giudiziari, ancora in attesa di definizione, relativi a ipotesi di reato tutt’altro che trascurabili. Eppure, dall’estate 2024, D’Arcangelo si è presentato come il volto, l’anima e il verbo della Wip Finance.

Molto più di un volto. Altair ha dichiarato pubblicamente, a ottobre dell’anno scorso, di aver ricevuto «fiducia e mandato» dagli investitori della Wip. La sua qualifica suonava moderna, internazionale: «Business developer». Un titolo che, spogliato dall’inglese, significa tutto e niente, ma che lo stesso D’Arcangelo ha tradotto così: «Colui che identifica opportunità di crescita e sviluppa strategie per espandere l’influenza del progetto». Un architetto di futuri magnifici, un ambasciatore dell’espansione.

Ora, però, il «progetto» è evaporato. La Wip Finance è fallita, sciolta dalla pretura del distretto di Lugano, dopo gli arresti dei suoi manager, Jane Lepori Sassu e Adamo Trane. Non esiste più. E la domanda, dunque, è quale sia oggi il ruolo del «business developer» di un’azienda defunta. Cosa sviluppa, chi rappresenta, quale influenza espande, l’uomo che aveva il «mandato» da una società che non ha più nemmeno un conto in banca e i cui vertici sono da mesi rinchiusi in galera? Domande che, alla luce delle parole del presidente, suonano quasi superflue. Se D’Arcangelo era solo un cercatore di sponsor, tutta l’impalcatura del «mandato» e dell’«espansione» altro non era che un abito di scena, forse mai indossato.

Per ora, l’uomo del «mandato» resta in silenzio. Proprio lui, che sui social era sempre attivissimo nel tracciare le magnifiche sorti. Nessun post, nessun comunicato ufficiale. L’unica voce è quella di Di Labio, che ha evocato la gestione economica affidata alla bontà degli sponsor (gli stessi che solo un anno fa venivano messi alla porta).

Mentre si tace sulle prospettive societarie, la vita (sportiva) va avanti. Si parla di calcio giocato, addirittura di mercato. Come un’orchestra che continua a suonare, impeccabile, mentre la nave imbarca acqua. E in questo contesto surreale, D’Arcangelo resta l’uomo-simbolo. Il garante. Il «developer» di una proprietà che non esiste più.