Donna aggredita, arresto bis per i due egiziani. Il giudice: “Se rimessi in libertà, torneranno a colpire”

Chieti, restano in cella i giovani autori dell’aggressione ai danni di una 62enne. Il giudice: «Gravi indizi di colpevolezza”. (Nella foto, i vestiti sequestrati dalla Squadra mobile ai due rapinatori”
CHIETI. Vivono di espedienti e, dunque, anche di reati “predatori”. Tradotto: sono un pericolo per la collettività e devono restare in cella. Si possono riassumere così i motivi per i quali il giudice Luca De Ninis ha confermato la custodia cautelare in carcere nei confronti di Ahmed Mohamed Selim e Mohamed Roshdy Said Hawas, 19 e 23 anni, gli egiziani responsabili dell’aggressione ai danni di una donna di 62 anni, colpita al volto nel cuore del centro storico di Chieti, in via Mater Domini, alla quale hanno cercato di rubare due collane d’oro.
Un episodio, quello avvenuto lo scorso 29 luglio, che aveva creato un certo allarme in città, considerando la brutalità e le conseguenze dell’assalto, visto che la vittima – scaraventata a terra insieme al marito – era finita in ospedale con la frattura scomposta dell’osso sacro e un trauma cranico, lesioni giudicate guaribili in un mese.
L’arresto bis è stato eseguito ieri dai poliziotti della squadra mobile di Chieti, diretti dal commissario capo Francesco D’Antonio: gli indagati sono accusati di tentata rapina e lesioni personali, reati entrambi aggravati. Il caso è arrivato, per competenza territoriale, davanti al tribunale teatino dopo che – lo scorso 5 agosto – i violenti erano stati già bloccati dalla stessa polizia di Stato in territorio di Pescara, sottoposti a fermo e rinchiusi in cella.
Secondo il giudice De Ninis, che ha condiviso le conclusioni del pubblico ministero Giuseppe Falasca, sussistono i gravi indizi di colpevolezza. A inchiodare gli egiziani ci sono anzitutto le telecamere della zona, che li hanno immortalati sia prima che dopo il raid. Non solo: c’è perfetta corrispondenza tra i vestiti indossati dai rapinatori nel giorno dell’assalto e quelli che gli stessi indagati portavano con loro, al momento del fermo, all’interno di uno zaino.
Dalle indagini è emerso che i due egiziani sono migranti irregolari, entrambi privi di lavoro, senza fissa dimora e neppure seguiti dai servizi sociali. In sostanza, girano per l’Italia – con tutti gli effetti personali in uno zaino – vivendo di espedienti e, dunque, anche di reati “predatori”, come furti e rapine, ai danni di chi capiti. Secondo il giudice, è praticamente certo che – se rimessi in libertà – Selim e Hawas torneranno a colpire, anche se sono formalmente incensurati.
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