Palmoli

Famiglia nel bosco, ecco la prima relazione dalla casa famiglia di Vasto

4 Dicembre 2025

Emerge il quadro di genitori e bimbi con un legame affettivo solido, i figli sereni. Il documento all’attenzione dei giudici: al vaglio la revoca dell’allontanamento

PALMOLI. Un legame affettivo solido, scambi reciproci di attenzione e una serenità di fondo che non si è spezzata nemmeno dopo il traumatico distacco dalla casa del bosco di Palmoli. È questo il quadro che filtra, con sempre maggiore insistenza, dalle stanze della struttura protetta di Vasto dove dallo scorso 20 novembre vivono Catherine Birmingham e i suoi tre figli. Mentre all’esterno non si fermano le polemiche tra magistratura e politica (vedi l’articolo accanto), all’interno si consuma una quotidianità fatta di osservazioni silenziose che potrebbero ribaltare le sorti di questa storia.

Anche sulle dinamiche familiari, confluite in una prima relazione, si gioca gran parte della partita di oggi pomeriggio. Nelle aule del tribunale per i minorenni dell’Aquila è infatti in programma l’udienza di «comparizione delle parti»: il giudice relatore Roberto Ferrari si confronterà con i legali della coppia, gli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas, la tutrice dei minori Maria Luisa Palladino e la curatrice speciale Marika Bolognese. La presenza dei genitori non è prevista. Il tribunale potrebbe decidere di modificare o revocare l’ordinanza di allontanamento emessa il 20 novembre. La decisione potrebbe arrivare a stretto giro e, se favorevole, chiuderebbe il caso senza bisogno di attendere i tempi del reclamo in Corte d’appello (l’udienza è stata fissata al prossimo 16 dicembre).

Le informazioni che trapelano sulla vita nella casa famiglia smentiscono l’ipotesi di un degrado educativo o affettivo. Al contrario, emerge la figura di una madre, Catherine, che non appare come una donna sottomessa o distaccata, ma come un punto di riferimento centrale per i suoi figli. Una figura empatica, capace di accogliere le emozioni dei bambini senza reprimerle, invitandoli anzi a tirare fuori ciò che provano. Un approccio che garantisce ai piccoli un senso di sicurezza anche in un ambiente sconosciuto.

Allo stesso modo, il comportamento del padre, Nathan Trevallion, sembra contraddire i timori di inaffidabilità. L’uomo, costretto a vivere fuori dalla struttura e a rispettare rigidi orari di visita, si presenta con puntualità per vedere la famiglia. Non si limita a una presenza formale: porta con sé frutta, oggetti utili, piccoli pensieri per la moglie e i figli. I momenti del ricongiungimento sono istanti di gioia autentica. I bambini accolgono il padre con grande calore, ma ciò che colpisce è la loro reazione successiva: dopo i saluti, tornano con naturalezza ai giochi o alle attività manuali con le educatrici, lasciando ai genitori lo spazio per parlare tra loro, spesso nel giardino della struttura. Una dinamica che suggerisce autonomia e assenza di quell’ansia da separazione tipica dei contesti traumatici.

Se nel rapporto con i genitori e gli adulti di riferimento i bambini appaiono diretti, l’interazione con altri piccoli ospiti della struttura tenderebbe a ridimensionare questa spontaneità. I bimbi del bosco hanno mostrato una genuina sorpresa, quasi uno stupore meravigliato, di fronte a certe comodità e comfort moderni che trovano nella casa famiglia e che, evidentemente, nella loro vita precedente non esistevano. L’acqua corrente sempre disponibile, il riscaldamento, gli elettrodomestici: tutte cose che per i coetanei sono la normalità, per loro rappresentano una scoperta. Una reazione che dimostra la distanza dallo stile di vita contemporaneo, ma anche una curiosità intelligente verso il nuovo.

Questi riscontri dal vivo, che attestano la salute psicofisica dei minori e la tenuta del legame genitoriale, sono le carte che la difesa potrebbe giocare oggi sul tavolo dei magistrati. A queste si aggiunge la soluzione pratica per eccellenza: la nuova casa. La famiglia ha accettato di trasferirsi nell’immobile offerto dal ristoratore Armando Carusi in contrada Portella, una sistemazione che elimina ogni dubbio sulla sicurezza strutturale e igienica. Se il problema era il rudere pericolante, quel problema non esiste più. E con i documenti che certificano il percorso di istruzione parentale già avviato, anche l’accusa di abbandono scolastico è caduta. Quanto alla socialità, numerose testimonianze parlano di bambini curiosi e in contatto sia con adulti che coetanei della comunità neorurale. I giudici dell’Aquila hanno ora tutti gli elementi per decidere se questa famiglia, “diversa” ma unita, merita di tornare a vivere insieme.