Francavilla: lavori al cimitero e corruzione, ecco la memoria per provare il patto illecito

Le accuse del pm in 111 pagine. La difesa del funzionario comunale: «Si risolverà tutto in una bolla di sapone». In 8 rischiano di finire a giudizio
CHIETI. Una memoria di 111 pagine per dimostrare l’esistenza di un patto corruttivo stretto all’ombra del cimitero di Francavilla al Mare. L’articolato documento è stato depositato ieri dal pubblico ministero Giancarlo Ciani nell’ambito dell’udienza preliminare, davanti al giudice Enrico Colagreco, sull’inchiesta della procura di Chieti che – in base alle accuse – ha svelato un giro illecito di soldi e di rifiuti interrati all’interno del camposanto.
Il pm ha concluso ribadendo la richiesta di processo nei confronti di otto persone: l’imprenditore Franco Antonio De Francesco, il fratello Alessandro, la compagna Lesya Tsiluyko, il loro collaboratore Marcello Gianferotti, l’architetto Maurizio Basile (funzionario del Comune di Francavilla e responsabile unico del procedimento per il project financing per l’ampiamento del cimitero), il figlio di quest’ultimo Matteo, l’architetto Luigi Febo (presidente del consiglio comunale di Chieti, coinvolto non nella veste di politico ma per la sua attività professionale e, nello specifico, direttore dei lavori) e il coordinatore della sicurezza (in fase di esecuzione) Massimiliano Nerone. Martedì prossimo toccherà alle difese, rappresentate – tra gli altri – dagli avvocati Marco Femminella, Stefano Azzariti, Marco De Merolis e Antonio Luciani; poi, il giudice deciderà se gli imputati dovranno affrontare un processo. Il Comune di Francavilla si è costituito parte civile attraverso l’avvocato Marco Spagnuolo e chiede un risarcimento danni di mezzo milione di euro.
Dalle indagini di carabinieri e guardia di finanza, secondo la ricostruzione della procura, è emerso che i due fratelli imprenditori hanno «economicamente beneficiato dei traffici illeciti di rifiuti e del loro sommario smaltimento all’interno delle aree cimiteriali, trasformate in una gigantesca discarica a cielo aperto, godendo del risparmio di spese che un corretto smaltimento avrebbe necessariamente comportato». L’inchiesta ha portato alla scoperta di un sepolcro di veleni: 15.300 metri cubi di rifiuti, un mix che includeva resti mortali, piombo, zinco e «fibre di amianto di tipo crisotilo, classificabili come rifiuto speciale pericoloso».
Ma questa non è solo una storia di disastro ambientale. È la storia di un silenzio. La procura ritiene che chi doveva controllare per conto del Comune, l’architetto Basile, abbia omesso le dovute verifiche. E che quel silenzio, secondo la tesi accusatoria, aveva un prezzo. Il giudice per le indagini preliminari, nell’ordinanza del novembre 2024, pur ravvisando gravi indizi sui reati ambientali, aveva ritenuto non solido il quadro sulla corruzione. Ma il pm contesta con forza quest’ultima tesi, evidenziando – al contrario – che sia emersa «una serie di numerosissimi e convergenti elementi per sostenere» che Basile sia stato corrotto: Franco Antonio De Francesco, Gianferotti e Tsiluyko avrebbero corrisposto a lui e al figlio 129.285 euro fra soldi e benefit.
L’ipotesi di accordo corruttivo, dunque, poggia su due pilastri: il denaro e la famiglia. Il primo pilastro è fatto di contanti. Oltre 31.700 euro che, secondo le analisi finanziarie, sono apparsi sui conti del funzionario Basile tra il 2016 e il 2021. Diciannovemila euro di versamenti e quasi dodicimila usati per pagare finanziamenti, tutto cash. Da dove arrivavano? Una spiegazione era stata fornita dalla difesa: erano soldi dell’anziana madre, che Basile prelevava dal conto cointestato per le spese di lei. Una spiegazione che, per la procura, non regge alla prova dei fatti. Gli inquirenti hanno incrociato meticolosamente i giornali di fondo delle Poste con i cartellini marcatempo del funzionario comunale. Il risultato, dice l’accusa, è netto: in quei giorni, a quegli orari, Basile non era allo sportello a prelevare. Era in ufficio. Allo sportello, risulta dai documenti, veniva identificata l’anziana madre. Quei soldi, quindi, resterebbero senza una provenienza legittima: credere alla «spiegazione alternativa» sarebbe «un atto di fede».
Poi c’è il secondo pilastro. Il futuro di un figlio. Il 1° giugno 2021, Matteo Basile, figlio del funzionario, viene assunto dalla Gre Development sl. È una società di diritto spagnolo, con sede a Barcellona. Il gip, nella sua valutazione, aveva considerato la competenza del giovane, forte di un Erasmus e di una laurea. Ma i fatti, secondo la procura, dicono altro: la laurea magistrale in Svizzera, ad esempio, arriverà solo il 13 maggio 2022, quasi un anno dopo l’assunzione. Al momento della firma, Matteo aveva una laurea triennale conseguita a Pescara. Senza considerare, sostiene il pm, che è quantomeno «diabolica» la coincidenza per cui la «risorsa» rinvenuta dal gruppo De Francesco per rafforzarsi è stata «rinvenuta proprio nella persona del figlio del Rup».
Ma chi controllava quella società spagnola? Formalmente, era intestata alla compagna dell’imprenditore Franco Antonio De Francesco, l’uomo a capo delle ditte che gestivano l’appalto del cimitero. Per gli investigatori, solo uno schermo. E qui emerge un documento chiave. È una mail datata 25 febbraio 2021, inviata da Gianferotti, considerato fiduciario dell’imprenditore, al giovane Matteo. Il testo è esplicito: «Ho parlato con Franco De Francesco, il quale è indirettamente titolare della società Gre Development Sl. Ti vorrei proporre un impiego fisso in Barcellona e/o Madrid...». L’offerta, secondo la tesi accusatoria, arriva direttamente dall’uomo che il padre, Maurizio Basile, avrebbe dovuto controllare con rigore. Un favore, tra stipendi e consulenze, stimato dagli inquirenti in circa 97.500 euro. Si delinea un sistema, un intreccio che ha il profilo del conflitto d’interessi. Un conflitto che, secondo la procura, Basile padre doveva conoscere. Risulta infatti che sia stato lui stesso, da un computer del Comune, a inviare al figlio il file con la «carta intestata Gre Development sl». E il figlio, prima ancora di firmare il contratto, avrebbe ricevuto le credenziali di accesso al sito web del cimitero di Francavilla.
La dichiarazione di conflitto d'interessi? Verrà firmata. Ma solo il 17 gennaio 2023. Tardi. Un atto definito «generico» dagli inquirenti, presentato solo quando l’indagine era ormai pienamente emersa. «Sono convinto che tutto si risolverà in una grande bolla di sapone», dice l’avvocato Luciani, difensore di Basile.
All’imputato eccellente, Febo, è contestata la sola violazione di una norma ambientale: insieme a Basile e a Nerone, con «azioni od omissioni», non avrebbe impedito la realizzazione della discarica nel cimitero. «Il direttore dei lavori», argomenta l’avvocato Femminella, «non è una persona che mangia e dorme nel cantiere: è una persona che ne ha il controllo nei tempi e nelle modalità che la logica consente. Laddove la contestazione è che i rifiuti sarebbero stati interrati, ho qualche dubbio che si possa sostenere che il direttore dei lavori abbia avuto coscienza di questo smaltimento abusivo».
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