Gambero Rosso, premiata la chef che dagli scarti crea piatti gourmet

10 Novembre 2025

Cinzia Mancini ha portato l’economia circolare in cucina: «E pensare che non sapevo preparare nemmeno un uovo»

SAN VITO CHIETINO. Il talento, come l’acqua, trova sempre una via. Nel caso di Cinzia Mancini, chef e proprietaria di ristorante di cucina biologica, è stato proprio così. Il talento ha disegnato per lei strade che prima non esistevano nemmeno. E il suo ristorante - la Bottega culinaria, fondato a San Vito nel 2005 da una proprietà di famiglia - quello che oggi si definirebbe "progetto", anno dopo anno, è diventato un riferimento per gli amanti della gastronomia ricercata e dei sapori eclettici che offre il mondo vegetale e ha conquistato quest'anno il premio del Gambero Rosso “No Food Waste”, riconoscimento speciale assegnato annualmente dalla casa editrice gastronomica, che celebra il ristorante che adotta modelli di economia circolare, trasformando gli scarti in nuove eccellenze gastronomiche. E pensare che Cinzia nella vita voleva fare la stilista.

«Ho frequentato lo Ied (Istituto europeo di design ndc) - racconta - e per mantenermi gli studi ho fatto mille lavori, fra i quali nella ristorazione. Ma fino a trent'anni non sapevo cucinare nemmeno un uovo». Eppure la gastronomia ce l'aveva già nel sangue. Una cultura ed educazione alimentare e alla ricercatezza dei sapori a tavola che le provengono da lontano: «Da un papà che ci ha educate a stare bene a tavola e nonni che hanno tramandato il piacere della cucina ai figli che oggi sono bravissimi cuochi». Poi sono arrivati la curiosità innata, il gusto per la ricerca e la sperimentazione, la passione. E quella cura nell'evitare lo spreco che oggi le vale l'importante riconoscimento del Gambero Rosso, le viene da una cultura contadina e rurale che, da sempre, non butta via niente. I clienti, ad esempio, rimangono stupiti ed esterrefatti da un brodo che sa di carne, ma non è di carne, ma fatto da un gioco di tostature, macerazioni e di brodi cotti dentro altri brodi dove il sapore arriva dritto come un estratto, conservando intatte tutte le sue proprietà.

Fra le creazioni più ammirate della chef c'è anche un gelato fatto con gli scarti dei ceci, utilizzati per creare uno stagionato vegetale (una sorta di formaggio veg) abbinato a succo d'agave e limone. Un'esperienza straordinaria le dicono i clienti. Il ristorante della Mancini è immerso nel verde, da dove le proviene la maggior parte delle materie prime. «Un orto, un frutteto, un bosco da dove vengono nocciole e noci - racconta Cinzia - ma anche materie prime locali che abbiano una storia». Come il caprino di un'azienda di Pacentro, "Alla casa vecchia", nata a seguito della perdita del lavoro del capofamiglia e alla sfida di reinventarsi con un gregge di capre che producono formaggio le cui sfumature di gusto variano a seconda di quello che mangiano, se fanno scorpacciate di more o di erbe.

Per Cinzia Mancini la sfida è ogni giorno. «Oggi forse non sarebbe possibile fare impresa come l'ho fatta io, per caso, per gioco e con il solo istinto del coraggio - dice - oggi si arriva già formati e bisogna pensare ad aspetti, come il bilancio, la comunicazione, la gestione di un'impresa vera e propria che prima non erano contemplati».

Se pensa a qualcuno per cui le piacerebbe cucinare un giorno, dice sicura «Anne-Sophie Pic, tre stelle Michelin, una donna che ha fatto della ricerca e della raffinatezza il suo stile». Ma il primo profumo che la riporta sempre a casa è quello del pane, «un sapore primordiale», spiega, «quello dell'impasto che faceva sempre mia nonna». Si dice che si cucini sempre per qualcun altro, che l'atto di cucinare sia un atto d'amore. Cinzia Mancini vuole provocare un ricordo, un'emozione personale: «Se la cucina non lascia un ricordo c'è qualcosa che non funziona».

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