Il Chieti calcio sparisce, il tribunale ha dichiarato fallimento

La sentenza del tribunale mette fine a una storia sportiva cominciata nel 1922. Il tecnico Mariani ha annunciato che la squadra non scenderà in campo neanche domenica prossima contro l'Alfonsine. La radiazione dal campionato di serie D è ormai certa. L'ex presidente Mario Mancaniello: «Un momento drammatico, ma i colori resteranno»

CHIETI. Dallo storico magazziniere al fondatore del primo gruppo ultras. Dall’indimenticabile presidente Mario Mancaniello al capitano per eccellenza, Alessandro Battisti. Dai tifosi storici a quelli più giovani, passando per il fruttivendolo e per chi lotta contro una grave malattia, ma ha sempre il neroverde nel cuore.

La crisi del Chieti calcio ferisce la città. Oggi il tribunale ha sentenziato il fallimento della società per la seconda volta nella storia (la prima volta fu nel 2008), e il Chieti rischia la radiazione. Il tecnico Alberto Mariani, infatti, ha annunciato che domenica prossima la squadra non scenderà in campo contro l’Alfonsine, nel campionato di serie D, perché non ci sono più le condizioni per andare avanti. Alla quarta rinuncia, il Chieti verrà radiato e perderà il titolo sportivo. Novantaquattro anni di storia rischiano di essere cancellati con un colpo di spugna. Sulla crisi del calcio teatino, il Centro ha intervistato dieci personaggi, tra presidenti, giocatori, sindaco e tifosi, legati ai colori neroverdi.

Mario Mancaniello (ex presidente): «Vivo questo momento drammatico come tutti i tifosi. Ritengo vergognoso che nel mondo del calcio ci siano ancora certi personaggi che riducono così le società. Non è vero che a Chieti è difficile fare calcio. In passato lo si è fatto bene. Bisogna rispettare la città e i tifosi».

Alessandro Battisti (ex capitano): «Per me è una grande ferita. Sono stato 13 anni a Chieti. Ho vissuto in prima persona l’ultimo fallimento e ho contribuito a riportare la squadra in Lega Pro. Un giorno tornerò, non importa in quale categoria, ma tornerò perché Chieti è nel mio cuore».

Antonio Buccilli (ex presidente): «Da sportivo dispiace vedere queste cose. Fare calcio a Chieti, però, è difficile perché dalla città non arrivano aiuti».

Giustino Angeloni (ingegnere): «Sono in lutto. Per me il Chieti non è solo una squadra, ma è un pezzo importante della mia vita. Ho iniziato a fare il raccattapalle alla Civitella quando avevo 7 anni. Ritirarsi dal campionato e perdere il titolo sportivo sono cose brutte che segnano la storia».

Gino Mancinelli (storico magazziniere del Chieti): «È una ferita al cuore per tutti i tifosi neroverdi e per chi come me ha dedicato 32 anni di vita per questi magnifici colori. Il Chieti non morirà mai nel cuore dei tifosi teatini».

Francesco Salvatore (capo ultras): «Non abbiamo mai mollato e non lo faremo di certo ora che stiamo toccando il fondo della nostra quasi centenaria storia calcistica. Non ci spaventa ripartire da zero. Lo abbiamo già fatto e siamo pronti a rifarlo di nuovo per amore di questa città e dei colori neroverdi».

Maurizio D’Orazio (fondatore del primo club neroverde): «È una vergogna quello che hanno fatto. Sono tre anni che soffriamo e veniamo presi in giro. Il Chieti non è una moda, ma una fede. Qualunque cosa succederà, non abbandoneremo mai questi colori».

Clelio Spanò (tifoso): «Negli ultimi tempi non sono potuto andare allo stadio perché sto lottando contro una malattia. Il Chieti è sempre nel mio cuore. Assistere a una fine del genere è doloroso. Spero che un giorno, quando vincerò la mia battaglia, riuscirò a rivedere il mio Chieti».

Pino Mammarella (fruttivendolo): «Chi ha avuto la gestione della società negli ultimi anni si deve solo vergognare. Una città storica come Chieti non meritava di fare questa fine. Questi signori che ci hanno ridotto così dovrebbero specchiarsi nella serietà di Giulio Trevisan, presidente del Chieti Torre Alex. Con lui torneremo presto nella categorie che meritiamo».