Il fratello di Nico Civitella, il pompiere morto a Pennapiedimonte: «Una vita dedicata agli altri»

Il racconto di Arturo: «Era lì per esercitarsi in luoghi impervi e farsi trovare preparato in caso di bisogno. Grazie ai soccorritori: sono degli angeli»
CHIETI. «Mio fratello era una persona dal cuore enorme. Sempre pronto ad aiutare tutti. Per questo faceva il vigile del fuoco, anzi è più corretto dire che era vigile del fuoco e non che lo faceva per lavoro. Per lui non era un semplice mestiere, ma una vocazione». A parlare è Arturo Civitella, fratello maggiore di Nico, il pompiere di 42 anni annegato nella forra del fiume Avello, a Pennapiedimonte, nel tentativo, vano e disperato, di salvare il collega Emanuele Capone che era rimasto incastrato con una gamba tra le rocce del fiume. Ma non si aspettavano la piena impetuosa del corso d’acqua. Nico è stato travolto dalla corrente, mentre Emanuele è morto lì, mentre gli altri due compagni cercavano di portarlo in salvo. Ci sono volute 70 ore di ricerca per recuperare entrambi i corpi.
«Ha sempre voluto fare il vigile del fuoco. Che io ricordi è nato e cresciuto con questa passione». Un sogno realizzato, quello di Nico, che una tragica fatalità ha spezzato mercoledì scorso, quando insieme ad altri tre colleghi, Gabriele Buzzelli, Giulio De Panfilis ed Emanuele, ha deciso di andare a fare un’uscita di addestramento, fuori dal servizio, a Pennapiedimonte nella forra del Balzolo. Perché proprio lì? Il fratello non sa rispondere, ma più volte Nico gli aveva detto che andava a fare esercitazioni in luoghi impervi per farsi trovare pronto, insieme ai colleghi, nel caso succedesse qualcosa. Insomma: i quattro vigili del fuoco erano lì, finito il turno di servizio, perché in previsione di un salvataggio avrebbero saputo subito e meglio come muoversi. Erano lì perché se avessero dovuto salvare vite, si sarebbero fatti trovare preparati. Come sempre.
E per questo motivo Nico era anche fisicamente allenato: «Tutti i corsi che poteva fare come pompiere, li ha fatti», dice il fratello, «era in aggiornamento continuo. Anche quella uscita era l’ennesimo addestramento per lui come per i colleghi. Si chiedevano chi sarebbe andato a soccorrere qualche malcapitato se gli fosse accaduto qualcosa in un luogo così impervio. Loro erano andati lì per quel motivo. Invece è successo tutto il contrario. Di solito Nico ci avvertiva quando usciva per queste cose, che faceva abbastanza spesso e mai da solo. Ma questa volta noi della famiglia non sapevamo nulla. Probabilmente hanno deciso all’ultimo momento di andare».
Arturo riferisce anche che non era la prima volta che il fratello, insieme ad alcuni colleghi, andava a fare esercitazioni a Pennapiedimonte in quello stesso posto. Ieri per Arturo, operaio in un’azienda metalmeccanica teatina, è stata una giornata difficile ma importante. Con il padre Antonino, la madre Silvana Verra e la sorella Giusy, insieme alla moglie Rossana e al compagno della sorella Davide, è andato all’ospedale di Chieti per incontrare i compagni di turno di Nico. Oltre alla famiglia, c’era anche la vedova Pamela. Un incontro riservato e lontano da occhi indiscreti ma molto toccante.
I pompieri, amici fraterni di Nico, si sono stretti intorno al dolore della famiglia, come una seconda famiglia. «Ci hanno raccontato aneddoti che non sapevamo», dice Arturo, «e anche cose che sapevo benissimo. Sapevo che mio fratello non si tirava mai indietro: né di fronte alle emergenze e nemmeno quando c’era di andare incontro a qualche esigenza dei colleghi. Mi hanno detto, ma anche questo lo sapevo già, che lui era il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene. Una vita dedicata ad aiutare e soccorrere gli altri».
Una passione, quella per il soccorso, che scorre all’interno della famiglia guardiese dei Civitella. Anche Arturo, al di là del lavoro, è un volontario di protezione civile. Tutta la famiglia abita in uno stesso palazzo al centro di Guardiagrele. Attraverso Arturo la famiglia Civitella ha voluto inviare un «fortissimo ringraziamento a tutti i soccorritori che per ore e ore sono stati impegnati nella ricerca dei corpi. Sono stati degli angeli». Come lo era stato Nico, tante volte nelle più disparate occasioni di soccorso. Tra i più esperti del gruppo, quando ha visto il collega in difficoltà, non ha avuto esitazione a gettarsi nelle acque gelide dell’Avello per salvare l’amico. «Lui non faceva il vigile del fuoco», ripete il fratello, «lui era vigile del fuoco. È tutta un’altra cosa».
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