Il papà delle baby bulle: «Sono sotto choc, ho pianto. Chiedo scusa ai genitori della ragazzina aggredita»

Pestaggio a Chieti. Il padre delle sorelle indagate: «In quelle immagini agghiaccianti non riconosco le mie figlie. Ora abbiamo chiesto aiuto agli psicologici: non avevamo avuto alcun segnale»
CHIETI. «Chiedo scusa ai genitori della ragazzina aggredita». Il papà delle baby bulle di 13 e 14 anni che hanno picchiato una coetanea alla villa comunale fa fatica a trattenere le lacrime. È passata una settimana dal pestaggio ripreso con i cellulari e finito sui social network. Una violenza cieca che ha innescato le indagini della polizia di Stato e della procura per i minorenni dell’Aquila: le sorelle picchiatrici (difese dagli avvocati Danila Solinas e Marco Femminella) sono ora accusate di lesioni, fermo restando che la più piccola non è imputabile. Il papà delle due indagate accetta di rispondere alle domande del Centro.
Come ha saputo ciò che era accaduto?
«Me l’ha segnalato un conoscente, perché il video ha iniziato a girare di telefonino in telefonino. Per me è stato tremendo. Non potevo credere ai miei occhi. Mi è venuto da piangere».
A quel punto cosa ha fatto?
«Ho deciso di affrontare immediatamente la questione con le mie figlie. No, non è stato facile, ma di fronte a certi episodi serve una risposta immediata, senza se e senza ma».
Il lunedì successivo all’aggressione ha accompagnato le sue figlie in questura.
«Sì, ho deciso di portarle dalla polizia, insieme a mia moglie, per due motivi principali».
Ovvero?
«Per dare un segnale educativo forte e per collaborare alle indagini. Tant’è che io stesso sono stato ascoltato, ho risposto a tutte le domande e ho raccontato ogni dettaglio che sapevo».
Di fronte a quel video di violenza efferata, con calci, pugni e gomitate in faccia, qual è stato il suo primo pensiero?
«Credetemi, sono rimasto choccato e incredulo. In quelle immagini non riconosco le mie ragazze».
In passato, le sue figlie si erano rese protagoniste di episodi analoghi?
«Assolutamente no. Nulla di nulla. Qualcuno ha messo in giro la voce che, anche nei mesi precedenti, le mie ragazze avevano bullizzato delle coetanee a scuola o nella zona dei locali della movida. Niente di tutto questo. Tant’è che mai, prima dell’episodio della villa comunale, sono state denunciate. Naturalmente, ciò non toglie nulla alla gravità di quello che è successo».
Lei e sua moglie come state affrontando questo momento?
«Abbiamo chiesto aiuto agli psicologici. Le mie figlie arrivavano da una vicenda personale molto difficile, drammatica, sconvolgente, di cui però non posso aggiungere altro. Ora, con il sostegno di alcuni professionisti, stiamo cercando di comprendere che cosa non ha funzionato in questi mesi devastanti. Ma voglio dire un’altra cosa».
Prego.
«Chiedo scusa ai genitori e a tutti i familiari della ragazzina picchiata. Se non dico il mio nome e non mostro il mio viso, è solo perché non posso farlo per legge, essendo coinvolti dei minorenni. Altrimenti, credetemi, ci avrei messo la faccia. Sono rammaricato anche per un altro motivo».
Quale?
«Davanti all’aggressione, nessuno è intervenuto per fermare le mie figlie. Al contrario, chi era presente ha pensato bene di riprendere tutto con il cellulare, ridacchiare e istigare. Tutto questo è agghiacciante. Questa storia una cosa ce l’ha insegnata: noi adulti dobbiamo fare di tutto per mettere i ragazzi nelle condizioni di parlarci dei loro problemi, delle loro difficoltà, dei loro disagi».