Legge Nordio, Conte sui borseggiatori fuggiti a Chieti: «Si rischiano ingiustizie e impunità ogni giorno»

Il leader del M5S: «Guardasigilli e governo Meloni colpiscono ancora una volta con le loro riforme fenomenali, l’avviso di arresto si conferma una vergogna»
CHIETI. Un assist servito su un piatto d’argento, che l’opposizione non ha nessuna intenzione di sprecare. Il caso dei tre borseggiatori peruviani in fuga a Chieti, svaniti nel nulla dopo aver ricevuto l’avviso dell’interrogatorio preventivo, diventa un affare politico nazionale. A scendere in campo con durezza è il leader del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, che affida a un post al veleno sulla piattaforma X la sua requisitoria contro il Guardasigilli.
L’ex premier usa l’arma del sarcasmo per colpire al cuore la riforma voluta da Carlo Nordio. «Li avvertono dell’arresto e spariscono», esordisce Conte, riprendendo il titolo dell’articolo del Centro che ha sollevato il caso. L’attacco è diretto al governo di Giorgia Meloni e al suo ministro della Giustizia: «Nordio e le fenomenali riforme della giustizia del governo Meloni colpiscono ancora».
Il leader pentastellato non si limita al caso abruzzese, ma lo inserisce in un contesto che, a suo dire, dimostra la fallacia della norma. «Dopo i 22 borseggiatori di Venezia spariti dopo essere stati avvertiti delle misure cautelari», prosegue Conte nel suo post, «in Abruzzo tre ladri che hanno derubato un’anziana di 80 anni – avvertiti in anticipo delle contestazioni – non si sono presentati all’interrogatorio».
Il riferimento è alla vicenda, carica di amarezza, che ha colpito una pensionata teatina di 84 anni. La donna, ex funzionaria pubblica, era stata derubata e la banda era stata poi identificata dalla polizia. Ma proprio la notifica dell’atto, pensata come garanzia, si è trasformata in un via libera per la fuga, lasciando la vittima con un senso di profonda rabbia: «Mi sento tradita dal mio Stato», aveva dichiarato l’anziana, «questa legge non tutela le vittime».
Un sentimento che l’opposizione fa suo. L’affondo di Conte si chiude con una sentenza netta, che ricalca le critiche mosse da mesi dal M5s e da buona parte della magistratura: «Così si rischia ogni giorno l'impunità e l'ingiustizia».
La dichiarazione dell’ex premier non è un fulmine a ciel sereno, ma l’ultimo capitolo di una battaglia durissima contro l’impianto della riforma. Già in passato, commentando casi analoghi come la fuga di un presunto narcotrafficante, l’ex premier aveva definito l’«avviso di arresto» una «vergogna», accusando apertamente l’esecutivo di «far scappare i criminali».
Per il Movimento 5 stelle, il caso di Chieti non è un incidente di percorso: è la prova che la legge sia stata scritta per altri scopi. Secondo la visione di Conte, più volte espressa in interventi pubblici e parlamentari, l’obiettivo reale della riforma non è la microcriminalità, ma garantire un salvacondotto ai «colletti bianchi» e ai politici, che a differenza di un borseggiatore senza fissa dimora, non scappano ma hanno tutto il tempo per inquinare le prove. Una riforma, secondo l’opposizione, che segna il ritorno della «casta» degli intoccabili, a prezzo della sicurezza dei cittadini comuni.
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