Mauro Febbo e quei 227mila euro in contanti trovati nella cassetta di sicurezza

L’ex assessore e consigliere regionale Mauro Febbo, tra gli esponenti più in vista di Forza Italia in Abruzzo, custodiva in una cassetta di sicurezza oltre 200mila euro
CHIETI. Oltre duecentomila euro custoditi in una cassetta di sicurezza. Nella «precisa sequenza di fatti noti» indicata dal giudice Andrea Di Berardino nell’ordinanza con cui ha disposto l’imputazione coatta per corruzione nei confronti di Mauro Febbo c’è anche «la circostanza della eccezionale disponibilità di contanti» da parte del politico di Forza Italia. Nel corso di una perquisizione del 3 maggio 2021, infatti, sono stati trovati «227.500 euro in contanti riposti in mazzette in numerose buste, una delle quali conteneva esattamente diecimila euro, suddivisa in due mazzette da 5.000 euro, all’interno della cassetta di sicurezza intestata alla figlia ma da lui utilizzata». Il giudice scrive «esattamente» perché proprio a 10.000 euro, secondo l’accusa, ammonta la dazione di denaro che Febbo ha ricevuto dall’imprenditore della sanità Vincenzo Marinelli. Gli investigatori hanno trovato anche «borselli e buste, in casa e in ufficio, contenenti qualche altro migliaio di euro».
Tra Febbo e Marinelli, sottolinea il giudice, «ci sono stati ben 58 contatti tra novembre 2018 e marzo 2019 e 242 contatti da giugno 2019 a marzo 2021, una media di più di 10 contatti al mese». Più nel dettaglio: «Non si rinviene, in nessuna delle numerose conversazioni e messaggi captati, al di là di sporadiche mancate risposte o di isolati rinvii di incontri, alcun cenno a un rifiuto, a un diniego, a un tentativo di mettere alla porta un molesto procacciatore d’affari, o il minimo segno di fastidio o disagio o una richiesta anche solo implicita di non essere più disturbato, reazione che ci si sarebbe dovuto ragionevolmente attendere dall’indagato, il quale, esattamente dal momento della conoscenza del procedimento penale, in conversazione con terzi che erano ancora in corso di captazione e viepiù nel corso di due interrogatori, ha iniziato a denigrare e svilire la figura di Marinelli, definendolo un millantatore e un lobbista corrotto».
«Allora non si comprende», osserva il giudice, «perché Febbo parlasse con Marinelli sempre degli stessi temi (tutt’altro che calcistici, come Febbo ha falsamente riferito nel suo primo interrogatorio col pm di Pescara) e lo incontrasse ripetutamente. Un pubblico ufficiale a conoscenza di quella “fama” avrebbe dovuto ben guardarsi dal frequentare una persona del genere e non vi era alcuna ragione d’ufficio e, più in generale, dotata di un minimo senso razionale e istituzionale perché la frequentasse».
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