Calcio

Parla l’allenatore preso a schiaffi: «Non denuncio, ma se fossero stati coltelli?»

17 Agosto 2025

Al Centro le dichiarazioni di Maurizio D’Alberto, aggredito da un tifoso del Pescara perché indossava la maglia del Chieti. Il fatto nel ristorante dove qualcuno non aveva fatto entrare una bimba laziale

PESCARA. Due schiaffi, a distanza di pochi minuti, perché la maglia che indossa è verde e ricorda i colori della squadra di calcio teatina. E così, mentre si concede un pranzo in famiglia, nel giorno di Ferragosto, viene raggiunto da un uomo alle spalle, che non esita a mettergli le mani addosso. A essere preso di mira è stato l’allenatore del Chieti under 17 Maurizio D’Alberto, che ha deciso di non sporgere denuncia, «per rispetto del locale e dei dipendenti».

Teatro di scontro è, ancora una volta, lo stabilimento balneare “Oriente”, dove più di un mese fa a una ragazzina è stato negato l’accesso al ristorante (anche se non dai proprietari) per via del cappello e della t-shirt della Lazio. Questione di tifo, considerando che lo stesso lido è generalmente frequentato da diversi sostenitori della squadra biancazzurra. A raccontare come è andata è proprio il mister, originario di Bologna, che si dice «particolarmente dispiaciuto e amareggiato».

«Ci tengo a precisare», dice, «che finora non avevo avuto problemi nello stesso stabilimento, anche perché non ho mai affrontato l’argomento calcio e sono sempre stato abbastanza riservato. Non è possibile essere vittima di situazioni del genere. Se non fossero stati schiaffi, ma coltellate? Per me è lavoro e se arrivo in spiaggia dopo un allenamento, magari di fretta, proprio come è accaduto nel giorno di Ferragosto, non devo di certo sentirmi in colpa, se indosso un kway e una maglietta con un piccolo stemma del Chieti». Poi chiarisce meglio.

«Sono andato a correre, per gli allenamenti. Mi chiama mia moglie, che nel frattempo stava raggiungendo la spiaggia. Non si sentiva bene. Tra l’altro, quest’anno andiamo al mare a Oriente proprio perché lei ha dei problemi di salute, così abbiamo scelto di affittare la palma per la stagione. Arrivo davanti allo stabilimento in moto e mentre parcheggio un tipo mi insulta perché ho il kway con lo stemma del Chieti. Lo tolgo e resto con la maglia, che ha lo stesso logo, non troppo evidente. Mi spoglio e poi la rimetto al volo, ma al contrario perché mia moglie è ancora alla ricerca del parcheggio. Il tipo continua a insultarmi anche sulla passerella. Quando vado a pranzo, indosso un’altra maglia, non del Chieti calcio, ma verde. Arriva un uomo, non la stessa persona che mi aveva preso a parole, e mi tira due schiaffi». Intervengono i carabinieri, su segnalazione dei testimoni. «Decido di non presentare denuncia», dice ancora D’Alberto.

Immediate le reazioni del Chieti calcio, che a nome del presidente Giuseppe Gianni Di Labio esprime vicinanza e «condanna ogni forma di violenza». E l’assessore allo Sport del Comune di Chieti, Manuel Pantalone, aggiunge: «Il calcio, così come tutte le discipline sportive, dovrebbe essere uno strumento educativo, capace di trasmettere valori positivi e di offrire un modello di riferimento ai ragazzi». Daniela Terra, titolare del lido, preferisce non commentare quanto accaduto, sottolineando la sua «totale estraneità ai fatti».

Lo scontro tra le due tifoserie ha visto, in occasione della promozione in B del Pescara il 7 giugno scorso, quattro ultrà del Chieti, ora indagati, derubare della sciarpa biancazzurra un uomo di 56 anni e il figlio di 16.

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