Omicidio a Chieti Scalo, i super testimoni del delitto sono tre

La lite partita da una patatina a un cane. Il gip: la violenza di Cipressi immotivata e incontrollata. Spunta un sms inviato dall’indagato alla donna che lo ha visto uccidere Di Marco

CHIETI. «La violenza di Cipressi è sproporzionata e incontrollata. Se torna in libertà può ricommettere reati dello stesso tipo. Per garantire la difesa sociale deve restare in carcere». E’ lucida e impietosa la conclusione a cui giunge il gip Luca De Ninis. Ma c’è un solo modo, secondo il giudice, per elaborare il disvalore enorme tra una semplice lite e un fendente sferrato con una bottiglia rotta che recide l’arteria succlavia, più profonda di carotide e giugulare, entrando in profondità nel collo della vittima. E quel modo è ipotizzare che l’indagato fosse «sotto l’effetto di sostanze psicotrope».

Il giudice per le indagini preliminari lo scrive nell’ordinanza di custodia cautelare firmata nel pomeriggio dopo che ieri mattina, alle 10,30 e in carcere, si è ritrovato faccia a faccia con Emanuele Cipressi, il 24enne di Chieti indagato per l’omicidio volontario del musicista Fausto Di Marco, 39 anni, assassinato alle 4 di domenica con quella bottiglia di birra spaccata su un tavolino e presa non dal circolo 3 Assi di via Colle dell’Ara, ma dal Mion Donner Kebab.

Fa scena muta l’accusato del delitto di via Pescara difeso dall’avvocato Roberto Di Loreto. E’ una strategia difensiva, quella di Cipressi, che il gip definisce comprensibile. La difesa ottiene anche la non convalida del fermo perché non c’era pericolo di fuga visto che Cipressi è stato preso a casa 14 ore dopo il delitto. Deve però restare in carcere perché è pericoloso e la ricostruzione del delitto, sempre secondo il gip, lo inchioda. Emergono infatti nuovi elementi, suggestivi e inquietanti, dalle indagini della Squadra Mobile e delegata dal pm Giancarlo Ciani. Come un sms che l’indagato ha inviato alla super testimone che l’accusa mentre quest’ultima varcasse la soglia della caserma dei carabinieri di Chieti Scalo, alle 13 di domenica.

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«Ti offro un caffè», scrive Cipressi alla trentenne poco prima che lei lo incastri. Ma non è l’unica superteste dell’omicidio di via Pescara: la polizia ne ha trovati altri due, un uomo e una donna, amici della prima e di Cipressi.

Ecco quindi la ricostruzione definitiva di quella sera maledetta che il gip ipotizza nell’ordinanza. Di Marco viene presentato alla donna che poi diventerà la superteste del delitto e che entra nel circolo 3 Assi con un cagnolino. Finito il concerto, lei e due amici si spostano nel kebab. Fausto li segue. Ma dopo 5 minuti arriva anche Cipressi. La donna però gli ha già detto di essere stata infastidita dalle avances del musicista, che ha definito ubriaco, e Cipressi ha già diffidato Di Marco. Siamo nel kebab quando s’accende la miccia.

E’ una sequenza paradossale: uno degli amici della donna dà una patatina al cagnolino, lei lo rimprovera e se la prende anche con l’animale ma Di Marco, a sua volta, rimprovera la donna che reagisce infastidita apostrofandolo «falso animalista». Sono in cinque sulla scena che continua fuori dal kebab. Di Marco si volta per tornare nel circolo, ma cambia idea e lancia il suo bicchiere di plastica con la birra verso la donna che lo ha respinto. Lei però si sposta e il bicchiere finisce sul piede di Cipressi che ha un raptus: affronta faccia a faccia con atteggiamento di sfida Di Marco, quindi rientra nel kebab, afferra una bottiglia di birra vuota, torna fuori, la spacca su un tavolino e sferra il fendente mortale dall’alto verso il basso sul collo della vittima, sotto lo sguardo atterrito di tre testimoni oculari.