Omicidio a Chieti Scalo, la supertestimone: "Fausto sgozzato da Cipressi mentre lottava"

Ecco il verbale che inchioda il 24enne accusato dell'omicidio di Di Marco: il passaggio chiave è quando la 30enne racconta di aver visto l’indagato e Di Marco lottare “quasi per terra”. Gli altri indizi: le macchie di sangue e le mani ferite. I funerali fissati per il 12 ottobre alle ore 15.30 nella cattedrale di San Giustino

CHIETI. Tre indizi pesano su Emanuale Cipressi: una trentenne supertestimone, le macchie di sangue e le mani ferite. Per la procura, l’accusato del delitto di Chieti Scalo poteva anche fuggire. Ma i tre indizi si prestano a una doppia lettura, anche la difesa può sfruttarli a proprio favore. Ecco il decreto di fermo emesso dal pm Giancarlo Ciani.

Sono le carte dell’accusa, i passaggi chiave che hanno determinato il fermo del 24enne dello Scalo accusato di aver sgozzato, con una bottiglia rotta, Fausto Di Marco, 39 anni di Chieti, ucciso alle 4 di lunedì in via Pescara davanti al circolo 3 Assi e al Mian Donner Kebab (i funerali sono stati fissati per domani, 12 settembre, alle 15.30 nella cattedrale di San Giustino). Tuteliamo naturalmente i nomi dei testimoni.

LA TELEFONATA. «Alle ore 3.55 perveniva alla centrale operativa della questura di Chieti, girata dal comando carabinieri, una telefonata da parte di un cittadino a nome A.V., il quale richiedeva l'urgente intervento delle forze dell'ordine in quanto in via Pescara di Chieti Scalo un uomo era stato ferito. Poco dopo giungeva una volante del 113 e constatava, unitamente al personale del 118, il decesso di Fausto Di Marco. La zona veniva immediatamente recintata e chiusa».

LA FERITA MORTALE. «Veniva effettuata la visita esterna del cadavere e si riscontrava la presenza sul collo, lato sinistro, di una profonda ferita che aveva reciso un'arteria.

In terra erano presenti due distinte pozze di sangue è particolarmente copiose. Appariva chiaro, quindi, che la causa della morte fosse riferibile ad un colpo inferto alla vittima con un oggetto tagliente e con una certa violenza, attesa la profondità del taglio».

I 25 TESTIMONI. «Si dava corso alle prime sommarie informazioni che consentivano di ricostruire i movimenti della vittima nel corso della serata. Venivano rilasciate dichiarazioni da... (seguono 25 nomi, ndr). Tra i testi sentiti nessuno era però in grado di riferire cosa fosse accaduto al momento in cui la vittima veniva raggiunta dal fendente al collo».

I VETRI ROTTI. «Dal kebab tutti riferivano di aver udito, poco prima di vedere a terra la vittima, un rumore di vetri; il che lasciava ipotizzare che l'autore dell'omicidio avesse utilizzato una bottiglia di vetro rotta per attingere il Di Marco».

IL PRIMO SOCCORRITORE. «(...) riferiva di essere stato attirato all'improvviso da alcune grida, di essersi girato e di aver notato il Di Marco barcollare e cadere in terra; si avvicinava e, resosi conto del tipo di ferita, cercava di bloccare la fuoriuscita del sangue addirittura infilando le dita nella sua mano all'interno del collo della vittima, senza riuscire a fermare il fluido. Rimaneva accanto al corpo sino all'arrivo dell'ambulanza per poi allontanarsi.

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ECCO LA SUPERTESTE. Questo è il passaggio più importante dell’accusa. «Alle 13 circa, si presentava dai carabinieri di Chieti Scalo (...) che riferiva al comandante di stazione di giunta nel circolo "3 Assi" intorno alle 21,30, e di aver conosciuto, su iniziativa di una ragazza lì presente, la vittima. Quindi descriveva il comportamento assunto dal Di Marco nel corso della serata, specificando che costui l'aveva infastidito sempre più pesantemente e che era visibilmente ubriaco. Terminato il concerto la donna riferiva di essersi portata nel vicino kebab per consumare un panino. Il Di Marco la seguiva e le si appoggiava addosso anche spingendola, lei si allontanava, spingendo a sua volta la vittima».

IL BICCHIERE LANCIATO. «Improvvisamente il Di Marco, che aveva un bicchiere con dell'alcolico in mano, lanciava lo stesso all'indirizzo della donna. Ma lei, resasi conto, riusciva a evitarlo. Il bicchiere, tuttavia, attingeva un ragazzo che la stessa indicava con il cognome Cipressi. Specificava che lo stesso è fratello di altri sette e indicava l'indirizzo dell'abitazione».

COMINCIA LA LITE. «La donna riferiva che il Cipressi, dopo essere stato attinto, iniziava una discussione verbale con il Di Marco, discussione che immediatamente sfociava in una colluttazione».

CADONO QUASI A TERRA. «La teste riferiva che il Cipressi aveva una bottiglia in mano e di aver iniziato a spintonarsi e colluttare con il Di Marco, entrambi quasi in terra. Immediatamente dopo il Di Marco, si rialzava e la stessa aveva modo di notare una copiosa fuoriuscita di sangue dal collo di quest'ultimo lato sinistro. Riferiva quindi di essersi spaventata e di aver velocemente guadagnato una via di fuga senza verificare a quel punto dove si trovasse il Cipressi».

Alla supertestimone, a questo punto, viene mostrato un album fotografico. E lei «senza ombra di dubbio, riconosceva nella foto dell’autore della colluttazione con la vittima, rispondente, appunto, a Cipressi Emanuele». Subito dopo, il pm Ciani firma un decreto di perquisizione in casa di Cipressi che Squadra Mobile e carabinieri eseguono senza perdere un minuto di più.

[[(Video) Omicidio a Chieti Scalo, il fermo di Emanuele Cipressi]]

I VESTITI INSANGUINATI. «All’interno della casa venivano rinvenuti indumenti indossati dal predetto Cipressi la sera tra l'8 e il 9 ottobre e si aveva modo di riscontrare la presenza sugli stessi di alcune tracce di sangue. In particolare si verificava la presenza sui jeans di due macchie di probabile origine ematica da schizzo. Il che». scrive il pm, «è la definitivamente conferma che il Cipressi fosse l'autore dell'aggressione».

LE MANI FERITE. Cipressi «presentava ferita escoriata mano destra e tre ferite escoriate mano sinistra a livello delle nocche. Inoltre una piccola ferita da taglio dorso mano destra e piccola ferita lato palmare quarto dito mano destra. Con ogni probabilità, impugnando il vetro rotto nell'aggredire la vittima, si era procurato le descritte lesività».

POTEVA FUGGIRE. «Sussiste pericolo di fuga in considerazione del fatto che si è allontanato immediatamente dal luogo del delitto e che, benché sia stato trovato nella sua abitazione, ciò non esclude il fatto che egli, ormai vistosi è scoperto anche con il sequestro degli abiti e conscio delle dichiarazioni rese da... (la supertesimone) citata nel decreto di perquisizione, possa allontanarsi per far perdere le sue tracce. D'altra parte tale pericolo appare pregnante in relazione alla personalità dello stesso che per un futile motivo non ha esitato ad uccidere il Di Marco. Inoltre gli indumenti con tracce di sangue sono stati rinvenuti nel bagno dell'abitazione del Cipressi, pronti per essere lavati a dimostrazione della prontezza di costui a nascondere le tracce del reato».

LA DIFESA. Questa è l’accusa. Per ora, la difesa non scopre le proprie carte. Che però possono essere intuite: la superteste non dice di aver visto Cipressi sferrare il colpo mortale. Parla invece di colluttazione “quasi a terra”. Durante la quale può essere accaduto di tutto, anche una tragica fatalità. La partita penale è ancora aperta.