Pedopornografia: preso con 1.900 video e foto choc, ma il 57enne arrestato torna libero

Inchiesta partita dalla procura di Roma, l’indagato si avvale della facoltà di non rispondere. Il giudice: «Gravi indizi di colpevolezza, ma non ci sono esigenze cautelari»
CHIETI. L’arresto è convalidato, i gravi indizi di colpevolezza ci sono, ma l’indagato torna in libertà. Si riassume in questa duplice decisione del giudice per le indagini preliminari il primo, cruciale passaggio dell’inchiesta sul teatino di 57 anni accusato di detenere un ingente quantitativo di materiale pedopornografico. Di fronte a un sequestro informatico di quasi duemila file, il magistrato ha riconosciuto la legittimità dell’operazione della polizia postale, ma ha respinto la richiesta di misura cautelare. E così, dalla tarda mattinata di ieri, l’uomo ha lasciato gli arresti domiciliari.
L’indagato, difeso dall’avvocato Manuela D’Arcangelo, davanti al giudice Enrico Colagreco ha scelto – come strategia processuale – la via del silenzio, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Il pubblico ministero Marika Ponziani ha invece sollecitato la conferma dei domiciliari, una richiesta motivata anche dalla mole stessa del materiale trovato: circa 1.900 video e foto dal contenuto scioccante, di cui oltre 200 scaricati quest’anno.
Secondo il giudice, però, non sussistono i presupposti per una misura restrittiva. A orientare la decisione è stato anche un fattore cruciale: l’assoluta incensuratezza dell’indagato, un uomo senza alcun precedente giudiziario o di polizia. Un elemento che, in un futuro processo, potrebbe teoricamente aprire la porta alla concessione delle attenuanti generiche. Mentre la vicenda giudiziaria muove i suoi primi passi a Chieti, le sue radici affondano altrove.
La perquisizione che ha portato all’arresto, infatti, non è nata da un’iniziativa locale, ma è stata disposta dalla procura della Repubblica di Roma. Un dettaglio che suggerisce come il caso del 57enne possa essere solo un frammento di un mosaico investigativo più vasto, un’indagine ad ampio raggio che potrebbe coinvolgere altre persone o snodarsi lungo le complesse reti digitali dove questo tipo di materiale viene scambiato. La contestazione dell’aggravante dell’ingente quantità, basata sulla giurisprudenza della Cassazione, resta il pilastro dell’accusa, trasformando un’ipotesi di possesso in un potenziale contributo al «perverso mercato» che si alimenta dello sfruttamento dei minori.
L’uomo è libero, ma la sua posizione processuale resta appesa ai risultati dell’analisi tecnica. Il suo computer e gli altri dispositivi informatici sono infatti sotto sequestro, trasformati nelle prove mute di questa storia. Verosimilmente, la procura nominerà un consulente per scandagliare ogni hard disk, ogni memoria, ogni file. L’obiettivo non sarà solo contare le immagini, ma cercare tracce di condivisione, conversazioni, contatti.
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