Quarant’anni fa la tragedia dell’Heysel: quell’ultimo viaggio di Nino e Rocco, i due amici abruzzesi tra le 39 vittime

Il 29 maggio del 1985 la strage nello stadio di Bruxelles, in occasione della finale Juventus-Liverpool. Uno era fidanzato, l’altro sposato, con due sorelle: «Trovarono i biglietti all’ultimo». Avevano 24 e 27 anni. Domani il Comune di Francavilla intitolerà loro lo stadio comunale
FRANCAVILLA AL MARE. Quattro ragazzi in macchina verso Chieti che cantano e ridono. È il tardo pomeriggio del 27 maggio 1985. In quella Fiat Tipo ci sono Loredana Rossi con il marito Rocco Acerra (25 e 27 anni), e la sorella Cinzia (23) con il fidanzato Nino Cerullo, 24 anni da compiere sei giorni dopo, il 2 giugno. È un clima di festa perché, tra battute e raccomandazioni di rito tra le due coppie, Nino e Rocco stanno raggiungendo l’autobus di tifosi juventini (circa 35 provenienti da Francavilla, Tollo e Chieti) che quella sera parte per Bruxelles. Destinazione, lo stadio Heysel dove il 29 maggio, di lì a 48 ore, si gioca la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool.
Vincerà la Juve alla fine di una partita giocata per evitare il disastro e nessuno festeggerà. Rocco e Nino sono tra le 39 vittime dell’Heysel (600 furono i feriti), 39 morti schiacciati e calpestati dall’inferno provocato dagli hooligans inglesi un’ora prima della finale, quando cominciarono a spingersi verso il settore Z, dove c’era anche la tifoseria juventina non organizzata, fino a sfondare le reti divisorie e a provocare il crollo di un muro, scatenando l’inferno.
Quarant’anni dopo, Francavilla intitola a Rocco Acerra e Nino Cerullo lo stadio comunale (domani alle 15 la cerimonia) e quelle due ragazze di allora, Loredana e Cinzia Rossi (otto anni di fidanzamento e due di matrimonio la prima, sette anni di fidanzamento e il progetto delle nozze la seconda) accettano per la prima volta di raccontare quei giorni e quella vita là. Con loro Ida Cerullo, sorella di Nino, e (al telefono da Ancona) Lorena Acerra, sorella di Rocco. E tutte sono convinte di una cosa: «Per come erano legati, in quella bolgia infernale uno dei due avrà cercato sicuramente di aiutare l’altro. Così è andata, e sono morti entrambi».
E pensare che nessuno dei due doveva esserci, su quell’autobus per Bruxelles. «Rocco aveva avuto la disponibilità dei due biglietti qualche giorno prima, dopo una rinuncia all’ultimo momento», ricorda Loredana, allora moglie di Rocco, «e invitò Nino ad andare con lui», prosegue Cinzia. «Nino era un interista sfegatato, che non se ne perdeva una, ma accettò di andare con Rocco perché veniva da un periodo molto triste, aveva perso la mamma due anni prima e cominciava allora a riprendersi». Così Nino accetta. «Era felice di andare, ma poi scoprimmo che aveva la carta d’identità scaduta», ricorda ancora Cinzia, «e mi attivai per riuscire a fargliela fare in tempo. Tutto di fretta, alla fine partì. Ci salutammo quel pomeriggio a Chieti». «Quante risate in quella macchina», aggiunge Loredana, «abbiamo cantato, eravamo felici. Non sapevamo cosa ci aspettava».
Ed eccoli Nino e Rocco, elettrizzati da una trasferta che era solo una parentesi. «Qualche giorno prima di partire», confida Cinzia, «mi disse che al ritorno avremmo iniziato a organizzarci per il matrimonio, stavamo insieme da ragazzini, vicini di casa qui nella zona della Sirena, ormai eravamo pronti». Nino che non aveva ancora 24 anni («lo avremmo festeggiato il 2 giugno») e che con la sorella Ida gestiva un negozio di abbigliamento a Pescara, in via Ravenna, e che «se gli avessi chiesto la luna me l’avrebbe portata», dice Cinzia. «Era buono amava stare con gli altri», aggiunge Ida, la sorella di Nino «e già me lo vedo: ci hanno raccontato che allo stadio, poco prima di quell’inferno, era andato a comprare i gelati per tutto il gruppo. Ma il tempo di distribuirli ed è iniziato il caos. Bastava che ritardava qualche minuto a tornare», è il rimpianto di Ida, «e forse si sarebbe salvato». Ma niente da fare, come i biglietti spuntati all’ultimo e la carta d’identità scaduta.
«Allora non c’erano i telefonini, non ci eravamo più sentiti dalla partenza», riprendono Loredana e Cinzia, «ma ridendo ci avevano detto di stare davanti alla tv, che se li inquadravano ci avrebbero salutato». Ma altro che partita. «Tornai di corsa dalla spesa a partita iniziata», riferisce Loredana, «vivevamo con i miei suoceri e li trovai agitatissimi. In tv iniziavano a scorrere i numeri da chiamare, quelli della Farnesina, io provavo ma non riuscivo a prendere la linea». Ci riesce suo padre, che ha un forno sulla Nazionale. Quella sera è al lavoro, è Cinzia a chiamarlo e lui si mette a telefonare alla Farnesina fino a quando non glielo dicono: Rocco è morto. Di Nino non si sa niente, ma Rocco è morto. «È venuto sotto casa suonando il clacson alle sei del mattino», ricorda Cinzia, «mi disse di Rocco e di andare a dirlo a mia sorella. Io non ce l’ho fatta, andò mia madre». Era l’alba del 30 maggio.
La notizia di Nino, che non risultava né tra i vivi né tra i morti, arriva a mezzogiorno. «Ero in Germania, avevo lavorato tutta la sera prima, sapevo che Rocco era lì ma non ero al corrente di quello che era successo», dice la sorella Lorena. «Appena saputo mi sono messa in macchina, 12 ore di filato fino a Francavilla. Da quel giorno anche mia madre è praticamente morta». Rocco, che faceva il postino, dopo il matrimonio era rimasto a vivere con Loredana, anche lei dipendente delle Poste, a casa dei genitori.
«Il progetto era di farci una casa nostra lì vicino», ricorda Loredana, che invece poi resta a vivere da sola con i suoceri. «Non li ho voluti lasciare», dice con la voce piena di affetto, «e anche quando mi sono risposata cinque anni dopo, un giorno infrasettimanale con 12 invitati e tante lacrime, è da quella casa che sono uscita, con la loro benedizione». Il secondo marito «sempre a fianco a ogni commemorazione», l’ha aiutata a rinascere ma, dice Loredana, «lo sa dal primo momento, Rocco resta una parte di me, come tutta la sua famiglia».
Nino e Rocco e i legami che restano. Come quelli di Cinzia e la famiglia di Nino. Dopo 40 anni Cinzia, che si è risposata e ha perso anche il secondo marito 14 anni fa, si commuove mentre dice: «Nonostante tutto sono grata alla vita, perché mi ha dato tanto amore». Accanto a lei Ida Cerullo che l’abbraccia e dice: «Quanto vorrei riavere la maglia con le toppe gialle e la zip che prestai a Nino per quel viaggio. La volle a tutti i costi, “se fa freddo” mi disse. La rivorrei per riavere quel momento. E anche un po’ lui. Manca sempre».
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