«Salviamo l'industria del petrolio»

29 Gennaio 2011

Accordo Confindustria Chieti-sindacati per superare il blocco dei pozzi

CHIETI. L'idea di bandire il petrolio dall'Abruzzo non piace alla Confindustria di Chieti. E allora ecco che arriva un accordo per sostenere le attività estrattive degli idrocarburi sull'intero territorio della provincia, mettendo in atto azioni congiunte nei confronti delle amministrazioni pubbliche «per rimuovere gli attuali blocchi autorizzativi». Lo hanno firmato il presidente della locale Confindustria, Paolo Primavera, i segretari provinciali della Cisl Leo Malandra, della Uil Antonio Cardo, e dell'Ugl Leonardo De Gregorio.

Il protocollo d'intesa, a cui manca però la sigla della Cgil, offre una spalla di appoggio alle 60 imprese che operano in un settore che occupa circa 6mila persone in modo diretto e nell'indotto. «Vogliamo sostenere così le aziende, multinazionali e non solo, che operano sul nostro territorio, all'incirca il 90 per cento del totale, contro le decisioni frettolose della politica regionale», ha detto ieri in conferenza stampa Primavera, «non possiamo correre il rischio di farcele sfuggire insieme ai posti di lavoro che offrono».

Un segnale forte per contrastare la crisi di un comparto industriale che risente dello stallo degli investimenti che si è creato a causa del blocco dell'iter autorizzativo in atto in Abruzzo per la concessione di nuovi permessi per le attività di ricerca e di estrazione di petrolio e gas. Il rischio, già evidente secondo Confindustria, è che le aziende nazionali e internazionali investano in luoghi meno soggetti a vincoli ambientali «e lascino a casa centinaia di lavoratori».

Le direttive messe in atto dalla Regione per tutelare la costa teatina, così come sono, non piacciono a Confindustria e alle tre sigle sindacali. «Devono dirci cosa vogliono fare di questo territorio, se renderlo vivibile per i turisti o vissuto da chi ci lavora», ha detto il presidente. E non piace nemmeno l'obiettivo del governo regionale di arrivare nel 2015 ad una produzione interna di energia pulita pari al 51 per cento del fabbisogno, mentre attualmente solo il 3,5 per cento deriva da fonti rinnovabili, e il 68 per cento dal fossile.

«Il problema ambientale non esiste», ha detto Primavera, «il sistema ambiente in Abruzzo è già al collasso e non a causa delle perforazioni ma di molto altro, come ad esempio gli scarichi abusivi nei fiumi che rovinano anche il mare. Una situazione difficile che possiamo migliorare utilizzando le royalty pagate dai grandi gruppi per mettere in piedi un sistema di studio e di controllo».

Il protocollo prevede infatti la definizione, in collaborazione con le imprese che operano nel settore e con le comunità locali, di linee guida per la tutela dell'ambiente, il miglioramento della sicurezza e «la costruzione di un dialogo trasparente con il territorio», oltre che la promozione di attività di informazione in materia di sicurezza mineraria, in collaborazione con le università e gli enti locali.

L'inquinamento «è un grosso pregiudizio» anche secondo il vice direttore dell'unione degli industriali, Teodoro Calabrese, che ha chiesto «apertura al dialogo per spiegare le ragioni del sì alle perforazioni», e che ha auspicato anche di poter riaprire il discorso del Centro Oli di Ortona, «messo da parte troppo in fretta e senza confronto».

L'Abruzzo, è stato ricordato, ha una sorta di tradizione nel settore: ad Alanno è stato realizzato, nel 1935, il primo pozzo estrattivo in Italia, e i petrolieri "indigeni" sarebbero molti, stando alle stime di Confindustria. E sono sempre dell'Unione le stime che dicono che il 70 per cento dei traffici del porto di Ortona «si basa su attività legate al settore».

E sempre secondo Primavera, anche nell'ipotesi del federalismo fiscale «il settore degli idrocarburi diventa importante per trattenere fondi che così rientreranno nella nostra regione». E se l'accordo rompe equilibri di carattere politico», ha concluso il presidente di Confindustria, «la colpa è dei politici che sono andati a modificare un equilibrio preesistente».

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