«Strutture prive dei requisiti di legge» Villa Pini interdetta per cinque anni

Ricci firma l’ordinanza per la chiusura di quattro centri psichiatrici esterni alla casa di cura.

CHIETI. Interdizione per cinque anni dall’esercizio di attività sanitarie in materia di tutela della salute mentale e chiusura di quattro centri psico-riabilitativi. Si abbatte come una scure sulla Casa di cura Villa Pini l’ordinanza numero 704 firmata mercoledì 23 settembre dal sindaco Francesco Ricci. La forza pubblica, è scritto nel documento, è incaricata di prestare assistenza per far rispettare una decisione che, in ogni caso, non potrà diventare esecutiva nell’immediato. L’amministrazione comunale, che ha lavorato alla stesura del provvedimento di concerto con i dirigenti della Asl, e ascoltando le indicazioni della procuratore della repubblica Pietro Mennini, si è data un mese di tempo per trovare una soluzione a quello che oggi si presenta come il problema più urgente e delicato: garantire ospitalità alternativa ai circa 180 pazienti assistiti alle «Villette» e al «Padiglione, in via per Torrevecchia, come pure ai malati assegnati all’«ex Cantatore», in via dei Frentani e all’«ex Paolucci», in via Picena.

Che sono i quattro centri colpiti dall’ordinanza sui complessivi 359 posti letto assegnati alla clinica di Vincenzo Angelini per l’assistenza ai malati psichici. «Una decisione dolorosa, per quanto mi riguarda, ma da considerarsi a pieno titolo come un atto dovuto. Nient’affatto discrezionale», ripete Ricci nel corso della conferenza convocata all’ex Banca d’Italia, sede provvisoria del municipio, quasi a volersi giustificare per un provvedimento che può definirsi storico nei rapporti intercorsi per decenni tra Comune, Asl e Villa Pini. «Questa», spiega il sindaco, che si è presentato ai cronisti con l’assessore all’urbanistica e agli affari legali, Valter De Cesare, «è una crisi difficile per tutti, spero che diventi una grande opportunità per cambiare. I soldi ci sono. La Asl spende 18milioni di euro l’anno per gli assistiti in regime di convenzione con Villa Pini».

Nella sala dell’ex Banca d’Italia, ad ascoltare le parole del sindaco, vi sono alcuni parenti di malati preccupati di comprendere cosa ne sarà dell’assistenza ai proprio cari, ma anche rappresentanti dei lavoratori, e dipendenti stessi della clinica, che vedono aumentare di giorno in giorno l’incertezza nei rapporti di lavoro con la Casa di cura dopo i lunghi mesi passati senza avere la certezza di essere retribuiti. Ricci cerca di tranquillizzare tutti. «Facciamo nostra la preoccupazione delle famiglie dei malati e dei lavoratori», dice, «e non è solo comprensione del problema ma l’impegno a trovare soluzioni che segnino un cambio di passo nel rispetto dei malati, garantendo loro ospitalità in centri rispondenti ai requisiti di legge, e provvedendo altresì a reperire per chiamata diretta il personale necessario all’assistenza».

L’ordinanza numero 704 è il frutto inevitabile della visita ispettiva compiuta il 25 luglio scorso dalla commissione parlamentare d’inchiesta guidata dal senatore del Pd Ignazio Marino, degli accertamenti dei carabinieri del Nas e del Noe, cui sono seguiti i sopralluoghi dell’ufficio urbanistico del Comune e le ispezioni della Asl. Da questi rilievi risulta che la struttura ex Cantatore «è priva di qualsiasi autorizzazione, l’ex Paolucci difetta di tutti i requisiti strutturali e organizzativi». Per quanto riguarda le «Villette», realizzate nell’area ospedaliera di Villa Pini, l’assessore De Cesare è perentorio: «Trattasi di casette prefabbricate non situate in contesto residenziale urbano, diversamente da quanto prevede la legge. Difettano inoltre dei requisiti minimi quanto agli aspetti clinico organizzativi e terapeutico-riabilitativi».

De Cesare aggiunge che è illegittima l’autorizzazione comunale con cui, nel 1998, in piena amministrazione di centrodestra, si diede il via libera alla costruzione delle «Villette» con fondi Asl per 10,5 miliardi di vecchie lire. La decisione di chiudere i centri e interdire Villa Pini per cinque anni innescherà inevitabilmente una lunga guerra legale. Contro l’ordinanza del sindaco è ammesso ricorso davanti al Tar entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento o, in alternativa, ricorso straordinario al presidente della repubblica nel termine di 120 giorni. Il sindaco chiude rivolgendo un appello ai parenti dei malati. «Non credete a chi vi dirà che i vostri congiunti non saranno più assistiti e neppure a chi dirà che dovrete riportarli a casa. Al contrario, segnalate al Comune e alla Asl tutte le volte che vi verrà prospettata una situazione simile. Tra l’altro», chiarisce Ricci, «non ci sarebbe motivo per farlo, giacché la diaria a questi malati viene pagata normalmente».