Babysitter, lo spettacolo di Paolo Ruffini a Vasto: «Ecco come tornare piccoli in una sera»

17 Luglio 2025

Il celebre attore e regista toscano torna in Abruzzo domani  all’Arena Morricone di Vasto. Un viaggio alla scoperta della spontaneità dei bambini e della loro visione su tematiche universali

VASTO. «Una volta una bambina mi ha chiesto: “perché i vecchi li chiamano vecchi e i bambini non li chiamano nuovi?”. Questo fanno i bambini, cercare di fare emergere e di mettere in luce la novità che è dentro di noi. Un aspetto che da adulti si perde». Paolo Ruffini torna in scena in Abruzzo, domani sera all’Arena Morricone di Vasto, con il suo spettacolo Il babysitter-quando sarai piccolo capirai.

Lo show di solidarietà, organizzato dall’associazione “Un buco nel tetto” che devolverà tutto il ricavato al progetto Apertamente, prosegue nel suo viaggio alla scoperta della sorprendente spontaneità dei bambini, capaci di rivelare nuovi punti di vista, spunti di riflessione e letture ironiche su tematiche esistenziali e universali. Ruffini, attore, regista e produttore, racconta a il Centro come è nata l’idea di portare in scena la spontaneità dei bambini rendendoli protagonisti dello spettacolo.

Ruffini, come è nata l’idea di questo spettacolo?

«Lo spettacolo prende ispirazione dall’omonimo podcast che è stato molto apprezzato. La trasformazione in spettacolo è avvenuta da sé. C’era da parte mia la volontà di capire se sarebbe stato possibile trasferire la spontaneità, l’estemporaneità e il valore che i bambini hanno in uno show, e la risposta è si».

E qual è il format dello show?

«Ho deciso di creare una sorta di dittico teatrale legato al tema della fede. Qui nel Babysitter è rivolta a Babbo Natale, rappresentazione di quel sogno e di quel mondo magico che è la fantasia dei più piccoli che poi, purtroppo, andiamo a perdere da adulti. La sotto trama dello spettacolo è una mamma che ha un allarme in casa e quindi ha lasciato i loro figli in teatro da me e sta per andare a sistemare questo problema. Il tempo in cui lei torna a casa e poi ritorna a teatro a prendere i bambini è il tempo di questo babysitteraggio forzato ed esattamente il tempo dello spettacolo.

“Quando sarai piccolo capirai” è il sottotitolo dello spettacolo, cosa intende?

«Il titolo è un titolo provocatorio. Quando si è adulti, per tornare ad essere piccoli bisogna avere il talento di tornare ad essere bambini con più gusto, cercando di limitare la nostra consapevolezza e lasciandoci stupire dalla meraviglia della vita. Un pò come diceva il maestro Battiato «il talento di invecchiare senza mai essere adulti». È una cosa difficile ma possibile».

Come ha scelto i baby attori e qual è il loro ruolo nello spettacolo?

«Sono frutto di un casting che è stato fatto a più o meno cinquanta bambini che ho testato con il podcast e che si sono distinti particolarmente per doti artistiche o per la spontaneità davanti a me. Leonardo che è un talento del canto chiederà a Babbo Natale un microfono, Lorenzo chiede un atlante perché è appassionato di storia e geografia, Nicolas chiede un libro di Freud perché è uno psicologo in erba e poi Isabel è capace con la sua fantasia di creare storie meravigliose con le sue bambole. Ognuno di loro porterà in scena un qualcosa di divertente e comico trasmettendo però anche messaggi significativi e riflessioni importanti».

E il suo di ruolo invece?

«Io provo a fare un grande one man show e stand up e dei bambini me lo boicottano e me lo interrompono. Io volevo fare uno spettacolo scorretto e cattivo e invece i bambini mi costringono alla leggerezza, alla meraviglia e alla scoperta dell'infanzia con delle riflessioni tutte loro».

E chi partecipa allo spettacolo cosa deve aspettarsi?

«C’è grande interazione con il pubblico. Noi chiediamo a tutti i bambini di portare una letterina per Babbo Natale, che è appunto il simbolo al quale si esprimono le preghiere e i desideri, che io raccoglierò. Alcune le leggerò improvvisando con gli spettatori e con i bambini che avranno voglia di salire sul palco».

Secondo lei, cosa c’è da imparare dai bambini?

«Uno dei valori più belli che emergono dalle conversazioni con i bambini è la loro capacità di avere fede, la loro capacità di credere, cosa che da adulti si perde completamente. Gli adulti non credono neanche alla realtà, a quello che vedono, e infatti si inventano mondi virtuali quasi per anestetizzarsi o per credere in qualcosa di artificiale. I bambini invece credono alle favole, a Babbo Natale, a Dio e a gli unicorni».

Qual è l’obiettivo dello spettacolo?

«Sicuramente tornare bambino. Con questo spettacolo riemerge la capacità di meravigliarsi e stupirsi, di giocare, di avere una relazione e una confidenza con il divertimento e lo stupore che molto spesso si perde nei meandri della nostra quotidianità, a volte sterile e a volte legata a delle dimensioni molto più banali della nostra vita».

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