Elisa Di Eusanio: «Che spettacolo  la vita fra teatro, cinema e l’amore»  

L’attrice teramana racconta la sua carriera: «Glauco Mauri un maestro, Carlo Verdone un gentiluomo Tornerò nella mia città per uno spettacolo sul manicomio tratto dal libro di Annacarla Valeriano»

Può essere la sfacciata tomboy di "Good as you" o un'eroina della classicità greca in "Tragic Acid", la saggia amica del cuore in "Come mi vuoi" o uno scatenato personaggio nel nuovo film di Verdone, una maschera beckettiana o l'astuta nutrice di Giulietta o, en travesti, il mercante usuraio di "Madame Bovary". Tra cinema e teatro non si è fatta mancare niente Elisa Di Eusanio, preparata e talentosa, versatile e vulcanica. L'attrice teramana si racconta al Centro mentre è in partenza per Torino, per le riprese del film di Volfango De Biasi "Nessuno come noi", dall'omonimo libro di Luca Bianchini. «Volfango è il regista che mi ha iniziato al cinema con "Come mi vuoi" nel 2008. "Nessuno come noi" è una commedia romantica generazionale, nella Torino anni Ottanta senza cellulari e social. I liceali sono interpretati da Vincenzo Crea, Sabrina Martina, Leonardo Pazzagli. E poi ci siamo io, Alessandro Preziosi, Sarah Felderbaum».
A teatro riesce a sperimentare di più?
A teatro fortunatamente sono anche altro, sperimento anche altre strade. Al cinema però sono contenta di essere uscita come attrice da commedia, perché quei ruoli di belle spalle, bei caratteri, non mancano mai.
Ruolo brillante anche nel nuovo film di Carlo Verdone "Benedetta follia".
Un ruolo molto divertente, uno dei picchi spumeggianti del film. Ai provini e sul set con Verdone è andata benissimo, si è creata grande sintonia, molto affiatamento. Uno dei miei incontri professionali più felici. Inoltre lui mi ha fatto un regalo bellissimo, mi ha segnalato sulla pagina "Occhio al talento" di RB Casting, un portale di addetti ai lavori, offrendomi una visibilità importante. Carlo è un uomo meraviglioso, con un infinito rispetto per tutti i suoi collaboratori. Tratta attori e attrici coi guanti.
Un altro incontro speciale è avvenuto in teatro con Glauco Mauri per "Finale di partita" di Beckett. Com'è andata?
Quest'anno mi sono sentita privilegiata per questi due incontri. Il maestro Glauco Mauri mi ha veramente toccato. A 86 anni ha la grinta di un ragazzo. Regge un intero spettacolo sulle sue spalle. Dalla sua bocca esce poesia. Nel nostro mondo spesso avvengono incontri non bellissimi, specie con gli attori importanti. Eppure è un mestiere come un altro, almeno tale è reputato all'estero. E Carlo Verdone e Glauco Mauri me lo hanno ricordato. Con Mauri e Roberto Sturno abbiamo lavorato bene insieme. Impari molto da loro. E ci vogliamo molto bene. Ora riprenderemo "Finale di partita" a gennaio, saremo alla Pergola di Firenze per una settimana e poi in tournée.
Lo spettacolo è stato tre settimane all'Eliseo. Com'è stato accolto?
Molto bene. È stato amato da tutti, pubblico e critici. Abbiamo avuto recensioni bellissime. È uno spettacolo costruito sugli attori. Un ritorno alla parola e al suo ascolto, all'intensità dei contenuti.
È stato difficile recitare nuda, sia pure vestita dalle luci?
L'unica libertà che il regista Andrea Baracco si è preso rispetto al testo è stato immaginare la mia Nell e Nagg, il mio meraviglioso partner di scena, Mauro Mandolini, non dentro due bidoni ma in una gabbia per polli, e nudi. È la prima volta che recito nuda, ma non mi sono mai sentita esposta. Sono cresciuta in una famiglia in cui la nudità è sempre stata una cosa normale. Ho sempre avuto un buon rapporto col mio corpo, anche se di amore-odio. Però ora ho fatto pace con diversi mostri interiori e sono serena con me stessa.
A proposito di famiglia, cosa ha preso da sua madre Mariella, che era attrice e danzatrice, e da suo padre Nino, ortopedico?
Domanda impegnativa. Da mia madre ho preso l'essere uterina. Come lei sono una persona emotiva, che affronta di pancia le persone, gli affetti, le gioie, i dolori. Ho preso da lei quella tenerezza quasi infantile, questo vivere come se avessimo sempre una ferita scoperta. Fortunatamente ho ereditato da mio padre una feroce ironia di fondo. Lui mi ha insegnato anche ad avere la coscienza di sé, la consapevolezza di se stessi nel mondo, la testa viva e non dormiente. Certo, un po’ faticoso.
Il suo compagno Andrea Lolli è anche lui attore. Chi ha fatto il primo passo?
Ci siamo conosciuti cinque anni fa al Vittoria di Roma, dove lavoravamo in "Trappola per topi" di Agatha Christie con la compagnia Attori&Tecnici. Poi siamo partiti per la tournée. Galeotta fu Orvieto. Ho sentito subito l'elettricità tra noi. L'ho letteralmente perseguitato (ride). Con lui ho un rapporto molto bello, pieno. Andrea mi ha fatto capire l'amore, un sentimento maturo e consapevole che va al di là della passione e delle farfalle nello stomaco. Ho trovato la pace, prima ero sempre inquieta. Anche nel lavoro lui mi ha dato una marcia in più. E poi mi fa molto ridere. Abbiamo lavorato spesso insieme, "Rumori fuori scena", "La tela del ragno". Ora abbiamo questo progetto cui teniamo tantissimo, uno spettacolo dal libro di Annacarla Valeriano "Ammalò di testa" sulle storie del manicomio teramano.
Quando debutterete?
A marzo inizieremo le prove. Prevediamo un lavoro-studio a porte chiuse al teatro Comunale l'8 e 9 aprile, preceduto da una residenza teatrale. I due giorni in scena serviranno a valutare la temperatura dello spettacolo, che completeremo in estate per muoverlo poi nella stagione 2018-19. La drammaturgia è di Letizia Russo, partendo dal testo di Annacarla. Io e Andrea avremo più personaggi. Sono emozionata perché questa produzione parte dalla mia città.
Che rapporto ha con Teramo?
Sono legatissima. Però soffro per una città in ginocchio che ricordo vivacissima da ragazza. Mi piacerebbe fare qualcosa. La cultura dovrebbe essere il principale motore della rinascita. Ai ragazzi non puoi offrire solo il bar e l'aperistreet, altrimenti cresciamo futuri alcolizzati.
A Teramo c’è il suo primo maestro.
Silvio Araclio è tuttora per me un punto di riferimento importantissimo. Mi piacerebbe fare uno spettacolo con lui e tanti bravi attori teramani come Serena Mattace Raso, Eugenia Rofi, Giacinto Palmarini, Piergiuseppe Di Tanno.
Mai tentata dalla regia?
Mi tenta molto in questa fase più matura. Il lavoro sul manicomio mi vedrà co-regista col vastese Daniele Muratore. Mi attrae molto indagare temi sociali e metterli in scena.
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