Il film maledetto di Fellini torna a vivere in una mostra

Bozzetti, provini, musiche e interviste di preparazione al “Viaggio di G. Mastorna” in un’esposizione a Viareggio curata dal Centro sperimentale di cinematografia

di Giuliano Di Tanna

Ci sono opere come l’Edwin Drood di Dickens o il Bouvard et Pécuchet di Flaubert che restano incompiute per la morte del loro autore, e altre che vanno incontro allo stesso destino per altre, più misteriose circostanze. A queste ultime appartiene “Il viaggio di G.Mastorna”, il progetto di film che Federico Fellini si trascinò dietro per 18 anni senza mai trovare il coraggio nemmeno di iniziare le riprese. Doveva essere il film della sua vita, ma cosa fosse, in realtà, non lo sapeva bene neppure lui, nonostante i provini realizzati all’attore sul quale era stato modellato, Marcello Mastroianni, la stesura di una sceneggiatura di massima con Brunello Rondi e Dino Buzzati, e un abbozzo del cast di cui avrebbero dovuto far parte Totò, Mina, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Così, dal 1965 al 1993, l’anno in cui il regista riminese morì all’età di 73 anni.

Adesso, si torna a parlare di quel progetto mai realizzato a causa di una mostra, intitolata “Il viaggio di Mastorna. Il sogno di un film messo in scena”, curata da Alessandro Romanini e Francesco Frigeri, che sarà inaugurata, sabato prossimo (alle 18), alla Galleria d’arte moderna e contemporanea di Viareggio. Prodotta dal Centro sperimentale di cinematografia di Roma e presentata nell’ambito del Lucca Film Festival e di Europa Cinema 2017, la mostra (che resterà aperta fino al 30 aprile) si basa sul lavoro svolto dagli studenti del dipartimento di Scenografia del Centro sperimentale, dopo un’analisi scrupolosa degli appunti, degli schizzi per i costumi e i personaggi e delle tante interviste in cui Fellini parlava del suo film. Questo lavoro di ricerca si è tradotto in 50 tavole esecutive delle scene. Insieme a queste, realizzate sotto la supervisione di Francesco Frigeri, scenografo e docente dei ragazzi, ci saranno delle elaborazioni in computer grafica che rappresentano in 3D le scene reali volute da Fellini; alcuni bozzetti di abiti, realizzati dal dipartimento del Costume del Centro sperimentale e una colonna sonora che accompagnerà il visitatore durante la visita, in cui gli allievi del corso di recitazione proporranno i dialoghi scritti per il film. La mostra sarà integrata da spezzoni video di interviste a Fellini che parla della pellicola mai realizzata e del provino per il Mastorna fatto a Marcello Mastroianni, nel teatro 5 di Cinecittà.

Ma che cosa doveva essere, nelle intenzioni di Fellini, il “Mastorna”? La storia è questa. Giuseppe Mastorna detto Fernet era un famoso clown, il cui numero consiste nel suonare il violino o il violoncello. All’inizio del film si trova in una capitale del Nord Europa sotterrata dalla neve quando sale su un aereo, per partire per un tour. Ma, a causa della tempesta di neve, l'aereo è costretto a un atterraggio di emergenza nella piazza di una grande città, davanti a una cattedrale gotica. Da qui, con uno slittino, Mastorna viene portato in un grande albergo in una foresta, dove viene accolto a lume di candela. Lì assiste allo spettacolo di una danzatrice del ventre che, durante la sua esibizione, viene colta dalle doglie e partorisce in mezzo alla sala. A questo punto, Mastorna si ritira nella sua camera, ma prima di prendere sonno accende la tv. Così, dal telegiornale apprende vagamente che c’è stato un disastro aereo sulle montagne che non ha lasciato superstiti. Lo speaker del tg, infatti, parla in tedesco: Mastorna non capisce. Qui s'interrompe la storia, abbozzata da Fellini, ma s'intuisce che il disastro aereo di cui parla il tg riguardi proprio l'aereo di Mastorna, e che quindi egli non sia altro che un morto che ha appena iniziato il viaggio nell'aldilà.

Il côté kafkiano della storia, frutto probabilmente della collaborazione al soggetto di Buzzati, non nasconde la natura biografica del racconto. Mastorna - un nome che Fellini diceva di aver creato dalla contrazione di due parole: Mastroianni e Ritorna - in realtà è il regista stesso, così come il Marcello della “Dolce vita” e il Guido di “8½”. A congelare il progetto nella sua dimensione di crisalide fu probabilmente il timore di Fellini di parlare di sé come di un trapassato. Il famoso sensitivo torinese, Gustavo Rol, di cui il regista era grande amico, gli sconsigliò di portare a compimento il progetto a lungo accarezzato. Il monito di Rol non ammetteva repliche: «Se fai quel film, morirai». Fellini preferì non sfidare la sorte.

©RIPRODUZIONE RISERVATA