L’intervista ad Aldo Cazzullo: «Ritroviamo Dio negli occhi di chi amiamo, Susanna eroina moderna»

«Le donne disobbediscono all’ordine prestabilito e danno all’uomo la vita, sono figure fondamentali»
VASTO. Cazzullo, con Il Dio dei nostri padri è stato l’autore italiano più letto lo scorso anno. E da un anno riempie i teatri di tutta Italia con uno spettacolo sulla Bibbia, insieme a Moni Ovadia.
«Registriamo sempre sold out, questo ci fa molto piacere».
Ma l’ingrediente segreto qual è?
«Sicuramente non si può prescindere dal fatto che la Bibbia sia un testo sacro, ma non bisogna dimenticare che per noi è una radice culturale, riguarda la nostra identità, è un capolavoro di scrittura fin dall’incipit magnifico della Genesi. Ci sono dei passaggi stupendi, dei trionfi di narrazione che sono da ammirare a prescindere da tutto il resto. Noi nel nostro spettacolo cerchiamo di restituire questi tre strati di lettura e di attualizzare alcuni momenti».
Ci dice una figura che può ispirare un lettore contemporaneo?
«Ce ne sono molte tra le donne, perché sono sempre quelle che disobbediscono all’ordine prestabilito, ma la donna nella Bibbia è anche quella che dà all’uomo la vita».
Pensando a una donna in particolare...
«Susanna che portata a processo accusa i suoi molestatori e viene infine salvata dal profeta Daniele».
Ce la racconta?
«Lei è una giovane di bell’aspetto, avvicinata da due vecchi che frequentano la casa di suo marito. La minacciano di accusarla pubblicamente di adulterio se non si concederà a loro, ma lei rifiuta e sfida la giustizia».
E invece...
«Viene condannata a morte con la lapidazione. Ma ecco che per lei intercede il profeta Daniele, che ne dimostra l’innocenza e la colpevolezza dei suoi calunniatori».
Un’eroina femminista antelitteram.
«Ce ne sono parecchie. Mi viene in mente anche Giuditta, figura spettacolare che mozza con la sua spada la testa di Oloferne. E arriva fino a noi con Artemisia Gentileschi».
La prima pittrice a firmare i suoi dipinti.
«Prima non c’era neanche il termine per dirlo, si diceva pittora. Si ritrasse come Giuditta in uno dei suoi capolavori e diede al volto di Oloferne decapitato le sembianze del suo violentatore. Una condanna che pesa più di un ergastolo».
Del resto la Bibbia non rinuncia mai a momenti di cruda violenza.
«Ci sono pagine terribili, pagine di violenze, stupri, incesti. C’è l’episodio di una donna violentata e il cuo corpo viene tagliato in dodici pezzi, mandati alla tribù di Israele perché la vendichino. Ma c’è anche l’amore, quando Gesù ci invita ad amare i nostri nemici non fa altro che riprendere l’Antico testamento, quando si dice “Se incontri il bue del tuo nemico o il suo asino smarrito, non mancare di ricondurglielo”».
Eppure Ovadia dice che l’uomo è una creatura che ha in sé il male e che per questo non è capace di ricordare il messaggio di Dio. È così?
«Una domanda difficile. Quello della Bibbia è un Dio di libertà, anche nel senso che per primi lascia liberi gli uomini. Non ci costringe a credere ai suoi comandamenti, quindi una risposta a questo mistero potrebbe nascondersi proprio in questa forma di libero arbitrio».
E del resto non ci fornisce neppure un nome per poterlo chiamare.
«In sostanza ci dice che non dobbiamo preoccuparci di chi sia in termini di identità. Così non può essere conosciuto né nominato. Ma voglio dire una cosa a proposito».
Ci dica.
«Deus lo volt era il motto di battaglia dei crociati, Gott mitt uns (Dio è con noi) quello dei nazisti. Allah akbar (Dio è grande) è l’urlo dei jihadisti: insomma, il comandamento che ci vieta di nominare Dio invano fa riferimento a questo uso improprio, non ci si può limitare soltanto alla bestemmia. E quando ho detto questa cosa in Maremma si sono tutti sentiti sollevati (ride, ndr)».
Facciamo un salto indietro, a un suo precedente lavoro: lei ha studiato a lungo la “Commedia” di Dante.
«Lui arriva attraverso l’amore per Beatrice all’amore per Dio».
E dice che è colui che contiene in un volume ciò che per l’universo si squaderna, è il finale del Paradiso.
«Nello spettacolo ne parlo: la cosa divertente di questa storia è che Dante chiede e ottiene di poter vedere il volto di Dio ma alla fine non se lo ricorda: “A l'alta fantasia qui mancò possa».
Le parole dell’uomo non possono descrivere Dio?
«No, ma Dante sa bene di averlo visto e nel volto di Dio ha visto la nostra effige, il volto dell’uomo e quindi se stesso. In questo c’è il messaggio più famoso della Bibbia: siamo fatti tutti a immagine e somiglianza di Dio, tutti discendiamo dallo stesso uomo, Adamo, e dalla stessa donna, Eva. E noi possiamo riconoscere Dio dal volto della persona che abbiamo affianco. Possiamo riconoscere Dio negli occhi della persona che amiamo». (al.mu)