Melania Rea, l’omicidio diventa una serie tv: la tragedia che scosse l’Italia rivive sullo schermo

La giovane mamma uccisa dal marito Salvatore Parolisi nel Teramano quattordici anni fa. Adesso arriva la fiction Hbo con l’attrice di “Mare fuori” Maria Esposito
TERAMO. Il 18 aprile 2011 muore Melania Rea. Trentacinque coltellate inferte dall’uomo che le aveva giurato amore eterno, suo marito, Salvatore Parolisi che “in un dolo d’impeto”, così come è stato stabilito dai giudici, l’ha lasciata a terra esanime nel bosco delle Casermette, a Civitella del Tronto, in provincia di Teramo.
Quattordici anni dopo il brutale assassinio, Melania diventa una serie tv. L’emittente televisiva statunitense Hbo, dopo il caso Tortora sceglie un’altra storia di cronaca nera e giudiziaria che ha indignato e sconvolto l’Italia: il femminicidio di Melania Rea. Donna di 29 anni e madre di una bambina di 18 mesi, Vittoria, oggi adolescente che vive con i nonni materni.
Protagonista della miniserie sarà la talentuosa attrice partenopea Maria Esposito, 21 anni, conosciuta dal pubblico televisivo grazie alla sua interpretazione di Rosa Ricci nella serie Mare Fuori. Da un ruolo carico di sfumature emotive, proprie di un’adolescente che proviene da una famiglia criminale, in precario equilibrio tra la rabbia e la vulnerabilità – quello di Rosa – che diventa matura solo nell’ultima stagione, dove si assiste anche al suo cambiamento fisico con un nuovo taglio di capelli, all’interpretazione di Melania, una donna, moglie e madre, consapevole dei tradimenti del marito, che non lascia per salvare il matrimonio.
Accanto alla giovane attrice napoletana, l’attore di Parthenope Daniele Rienzo, nei panni di Salvatore Parolisi, mentre Carmen Pommella e Fabio De Caro interpreteranno i genitori della vittima.
Le riprese inizieranno a metà novembre, tra Roma, Napoli e Ascoli. La miniserie, dal titolo provvisorio Melania, sarà diretta da Stefano Mordini ed è composta da quattro episodi dove amore e tradimento si intrecceranno fino all’epilogo che tutti conoscono, lasciando sgomento e tanto dolore nei cari della vittima.
«Quell’essere immondo potrà rifarsi una vita. Mia figlia, invece, non tornerà più», sono le parole rilasciate da Gennaro Rea, padre di Melania, al Corriere della Sera, nell’aprile di quest’anno, dopo la notizia sulla possibilità che Parolisi torni in libertà nel 2027, per uno sconto di pena in quanto ritenuto un “detenuto modello”. Quattordici anni dopo il ritrovamento del corpo di Melania (20 aprile 2011), l’ex caporalmaggiore Parolisi è nel carcere di Bollate a scontare la sua pena. A processo con rito abbreviato. Condannato all’ergastolo in primo grado, la pena viene ridotta a trent’anni dalla Corte d’assise d’appello dell’Aquila. La Cassazione poi escluderà l’aggravante della crudeltà, affidando la rivalutazione della pena ai giudici d’appello di Perugia: nel 2016, a carico di Parolisi c’è una condanna definitiva a vent’anni di carcere. Così come nel femminicidio di Giulia Cecchettin, il suo assassino Turetta è stato condannato per omicidio ma senza l’aggravante della crudeltà. Poco importa, dunque, il numero delle coltellate inferte, se 35 o 75, perché si possa riscontrare crudeltà in quei movimenti reiterati di una lama che penetra più e più volte con violenza un corpo, occorre provare con certezza, e al di là di ogni ragionevole dubbio, che si sia voluto infliggere alla vittima sofferenze gratuite e aggiuntive, come recita l’articolo 61, comma 4 del codice penale, «l’aver adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone».
Tuttavia, la miniserie che a breve verrà girata proprio nei luoghi dove l’omicidio è stato consumato – ponendo fine alla vita di una donna che amava colui che sarebbe diventato il suo carnefice – non potrà che riaccendere i riflettori su uno dei casi di femminicidio che più ha lasciato un senso di sbigottimento e rabbia nell’opinione pubblica.
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