Pescara

Mimmo Locasciulli: «I ragazzi oggi fanno musica solamente per soldi. Io ho suonato in locali deserti»

22 Giugno 2025

L’artista abruzzese in concerto oggi, alle 21, al Marina di Pescara, con il suo ultimo disco “Dove lo sguardo si perde”

Da Marsala a Salerno, fino al grande concerto di stasera al Marina di Pescara (ore 21) per la stagione di Estatica: il tour di Dove lo sguardo si perde, ultimo disco del cantautore pennese Mimmo Locasciulli, porta sul palco cinquant’anni di carriera tra grandi successi, brani ri-orchestrati e nuovi singoli come L’amore dov’è, unico inedito di questo ventunesimo album che raccoglie alcuni dei suoi brani più acclamati.

Insieme a lui anche il Quartetto Pessoa, con cui Locasciulli ha proposto nel disco una versione alternativa dell’ultimo singolo, arrangiata con gli “Strumenti del mare” costruiti dai detenuti del carcere di Opera, sotto la guida di maestri liutai, con i legni delle barche naufragate dei migranti. «Mi sono subito innamorato di loro», dice Locasciulli parlando del quartetto, che nel suo repertorio propone composizioni celebri di Ennio Morricone e Astor Piazzolla, «quando ho ricevuto la targa Tenco mi è capitato di sentire una loro versione di Morricone e mi sono commosso, tant’è che nel mio concerto lascio loro il palco per un’esibizione che mette i brividi».

Che concerto sarà?

«Elegante, direi. Insomma, non rivolgo il microfono al pubblico per farlo cantare, non chiedo di tenere il tempo con le mani. Quello che cerco è una partecipazione emotiva, più che fisica».

Con qualche data già alle spalle può dirci come sta andando?

«Benissimo, c’è grande entusiasmo e cosa più importante, c’è un vero allineamento con il sentimento del pubblico. Questo riesce ancora a commuovermi, al di là di quante persone vengano a vedere i miei concerti. Sono arrivato ad avere 10mila spettatori paganti, ma sa quanti ce n’erano alla mia prima esibizione al Folkstudio di Roma, negli anni ’70?».

Quanti?

«Uno (ride, ndr). Sono salito sul palco e mi sono ritrovato questo tizio da solo ad ascoltarmi. Ho pregato che non andasse mai in bagno…».

La famosa gavetta.

«Prima ancora, per sei mesi, ho suonato in un locale che dire sfigato è poco, con una decina di persone assonnate che non mi ascoltavano neanche. Ma se non fai questo non ti forgi, non ti prepari mai ad affrontare quello che viene dopo».

Quindi è d’accordo con Federico Zampaglione, che in questi giorni ha denunciato un sistema depravato dietro i tour dei giovani artisti?

«Ma è una storia vecchia, si sa che oggi il mondo della musica è marcio. Gli autori sono cinque o sei, spalleggiati dagli stessi produttori e foraggiati dalle solite case con canzoni che durano un mese quando va bene».

Colpa di qualcuno?

«Per quanto mi riguarda sono profondamente contro realtà come X Factor o Amici: creano artisti fragili, che non durano. Sì, va bene, qualcuno ce l’ha fatta, ma guardiamo i numeri: quanti se ne iscrivono? 10mila? Uno ce la fa, 9999 vanno allo sbaraglio. L’approccio sbagliato è pensare di partire volendo fare successo. No, si parte perché ami la musica e non puoi fare a meno di suonare, di comporre. Poi se son rose, fioriranno».

C’è un nome tra i giovani che la convince?

«Mi ha colpito Olly, è uno che ha vinto Sanremo e poi non se n’è più sentito parlare. Si è messo a lavoro in silenzio, senza fare grandi tour, senza bruciarsi. Vede, il trucco è questo: uno non deve farsi spremere».

Pochi giorni fa l’abbiamo vista in compagnia di Lillo, Frankie Hi-ngr-Mc e Beccafichi. Ci dice a cosa lavorate?

«Oh, abbiamo passato un pomeriggio magnifico. Al di là della musica, siamo stati nella mia casa in campagna, dove ho uno studio, ed è stata una giornata di risate».

Insomma, non può dircelo.

«No, giuro che non c’è nulla da dire. Lillo e Frankie lavorano a qualcosa, hanno registrato da me ma non so nulla, non ho idea di cosa stessero facendo».

Ma con Frankie siete amici da tanti anni, avete già collaborato.

«Sì, una vecchia conoscenza. Nel 2005 mi chiese di prendere parte a un collettivo che faceva la parodia dei musicanti di Brema, poi insieme abbiamo inciso Sglobal, Una vita elementare…».

Ma in cinquant’anni di carriera, di incontri ne ha fatti tanti. Quale le ha cambiato la vita?

«Al di là dei nomi ormai noti legati agli inizi della carriera, l’incontro che mi ha aperto strade nuove è Greg Cohen: con lui a New York ho appreso altri modi di intendere la musica, le dissonanze, le ripetizioni ossessive e quindi anche nuove ispirazioni per testi sempre diversi. Per dire, con noi c’erano gli Uptown Horns che venivano da un clamoroso tour con i Rolling Stones. E poi ancora Joey Baron, Stefano Di Battista, Roberto Gatto, Paolo Fresu…».

E infatti “Dove lo sguardo si perde” non è la prima rilettura dei suoi brani storici e ogni volta emerge un’influenza nuova, diversa. La ricerca musicale non finisce mai?

«Le mie canzoni nascono su un pianoforte, ma se le pensiamo come fossero persone, quello che faccio è semplicemente vestirle. Un abito per stagione, capisce? Il sentimento musicale cambia nel tempo, così la sensibilità. Per esempio oggi alcune vecchie canzoni mi inteneriscono per una certa ingenuità negli arrangiamenti, allora quando me le trovo davanti cerco di capire come potrebbero essere fatte in un’altra maniera».

E dopo un lungo peregrinare torna in Abruzzo, dove tutto è iniziato.

«Beh, ormai sono cittadino romano dal 1975. Però quello che tu acquisisci da ragazzo ti rimane dentro per sempre, non te ne liberi mai. Parlo di profumi, vento, tramonti, delle parole degli amici, delle passeggiate, del cibo che hai mangiato. Per queste cose io sono iper-abruzzese, anzi iper- pennese e quando canto nella mia terra, per la mia gente, c’è una comunione di sentimento. C’è la conferma di un amore reciproco. Voglio dire una cosa agli Abruzzesi».

Ci dica.

«Quello di stasera sarà un concerto diverso, darò il massimo per Pescara. Anzi, sarà il più bel concerto della mia carriera».