Pio e Amedeo a Spoltore, l’intervista: «Siamo diversi ma inseparabili, per noi un Banfi inedito»

I due comici presentano domani il nuovo film “Oi vita mia”, che è il loro esordio alla regia già record d’incassi
PESCARA. Trionfa al boxoffice nel primo weekend di dicembre il film Oi vita mia del duo comico Pio e Amedeo. In giro nelle sale d’Italia per promuovere il loro nuovo lavoro cinematografico, domani saranno ospiti in Abruzzo. Alle 17.30 il pubblico attenderà i due attori al cinema Multiplex Arca di Spoltore, evento organizzato da Siro Di Meco e che li vede in dialogo con Francesco Di Brigida, e alle 19.35 alla Città del cinema di Vasto. Quarto film da protagonisti, ma primo da registi, Oi vita mia nasce dal desiderio di raccontare una storia profondamente umana, capace di unire la leggerezza della commedia e la profondità dei sentimenti, con al centro la libertà. Raggiunti al telefono dal Centro, Pio e Amedeo raccontano il loro esordio alla regia.
Nel film, il primo gestisce una comunità di recupero per ragazzi, il secondo una casa di riposo per anziani. Uno è in crisi con la fidanzata Francesca (Cristina Marino), l’altro ha una figlia adolescente irrequieta. Costretti dalle circostanze a convivere sotto lo stesso tetto, si ritroveranno ad affrontare situazioni assurde finendo col darsi consigli non richiesti. Ambientato a Vieste, nel cast un Lino Banfi inedito, nei panni dell’anziano Mario, malato di Alzheimer, che per non dimenticare filma tutto con la sua telecamerina. Ester Pantano, nel ruolo di Marina, la psicologa dei ragazzi, che aiuterà Amedeo a uscire dalla sua posizione di uomo cinico e immaturo.
Pio e Amedeo, il vostro è un debutto da registi con il botto.
Pio e Amedeo: «Restiamo umili! Non ci rendiamo conto di quello che sta accadendo, stiamo dentro un frullatore di incontri, vedere le sale piene e ascoltare a fine film il pubblico che ti dice “mi avete riempito il cuore, ma non me l’aspettavo da voi” è soddisfacente. L’Abruzzo è spettacolare, non vediamo l’ora di venire domenica (domani per chi legge, ndr)».
Come è nata l’idea di scrivere un film dove unite due mondi opposti?
Amedeo: «Tutto nasce da una notizia di una casa famiglia inagibile che non trovava collocazione all’interno di un comune. Noi abbiamo immaginato che la cosa accadesse a Vieste, che è la perla del Gargano. Il plot del film inizia proprio così: Pio gestisce questa casa per ragazzi che ha il tetto inagibile, non sanno dove andare e l’unico posto disponibile è il piano superiore della casa di riposo che gestisco io come Oss. Da qui prendono vita diverse dinamiche…»
Tante sono le dinamiche affrontate. Quella del ricordo l’avete affidata a un oggetto, la telecamerina. Perché?
Amedeo: «Il tema del ricordo l’abbiamo affidato alla telecamerina utilizzata dal personaggio Mario, che ha paura di dimenticare a causa della sua malattia, attraverso di essa può invece avere memoria di ciò che accade intorno a lui. Mentre i ragazzi continuano a fare video con i cellulari senza mai pensare di rivederli. In questo caso si mette in evidenza l’antitesi dell’uso che si fa del digitale tra le due generazioni».
Veniamo a Mario, o meglio all’attore che lo interpreta: Lino Banfi. Come è stato dirigerlo?
Amedeo: «Lino Banfi è stato il nostro mito da adolescenti. Attore della commedia sexy italiana degli anni ‘70 e ’80, ma non solo quello. Abbiamo pensato a lui per un ruolo totalmente inedito. È un grande attore oltre che commediante. Nel film è una persona affetta da Alzheimer, una malattia che conosce bene perché colpì sua moglie. È un Lino malinconico e al quale è affidato anche il finale del film».
Tramite il suo personaggio c’è un omaggio a Monicelli…
Amedeo: «Il film è disseminato di omaggi a coloro che hanno fatto grande la commedia italiana. A Monicelli in particolar modo omaggiamo la sua libertà di scelta tra il continuare a vivere o meno».
La comicità che avete rappresentato con “Oi vita mia” si avvicina molto a quella tipica napoletana. Com’è venuta fuori?
Pio: «Siamo molto affascinati dalla cultura napoletana e anche influenzati, c’è un richiamo anche a Troisi, però stando in una terra di mezzo (nel foggiano) abbiamo preso diverse contaminazioni culturali. In questo siamo stati autentici e anche i primi a farlo».
Nel film ci sono diversi stereotipi. Quale messaggio volete dare?
Pio: «Noi cerchiamo sempre di denunciare, analizzando ed esaltando, le tematiche che sono oggetto di denuncia, mettendole nel ridicolo. Un po’ come facevamo con “Emigratis”. Al cinema però è leggermente diverso, perché è palesemente una messa in scena e allora ci sono frasi come “le donne devono stare in cucina” che può essere strana sentirla dire nel 2025, ma purtroppo è ancora realtà».
Leggendo il titolo del film viene da pensare alla canzone “O surdato ‘nnamurato”, c’è un fil rouge tra queste due cose?
Pio: «Il film parla di vita e delle fasi che attraversano l’essere umano: cosa fare da grande, se sposarsi, se portare a compimento una gravidanza, se innamorarsi. Mentre scrivevamo il soggetto e la storia di un personaggio ci chiedevamo “cosa farà della sua vita?” e sempre questo concetto di vita che ci ha portato a pensare al brano della canzone».
Quanto è importante il territorio per voi?
Pio: «Girare nel proprio territorio è magnifico, è un luogo poco esplorato rispetto ai territori dove si è soliti fare i film. A Vieste tra le persone del posto e il territorio stesso avverti di essere in un mondo ancora vergine dalla contaminazione cinematografica. E questo è piacevole».
Nel film avete due caratteri diversi, è così anche nella realtà?
Pio: «Nella realtà siamo abbastanza diversi ma allo stesso tempo complementari, infatti sul lavoro ci ritroviamo tanto. Anche nei gusti, visto che ci piacciono le stesse cose…».
Avete lavorato in passato con Gigi Proietti. Un ricordo di lui?
Amedeo: «Ancora rido per quella volta che andammo in un ristorante di Roma insieme a lui, invitati da un produttore che, con tanto di tavola imbandita. Non ci fece ordinare il pranzo perché lo aveva portato da casa. Proietti rimase scioccato! (ridono, ndr)».
Se dovessimo chiedervi quale sia un difetto dell’uno e dell’altro, cosa mi direste?
Pio: «Amedeo è superficiale». Amedeo: «Pio è troppo ansioso».
E un pregio?
Amedeo: «Che a volte è meno ansioso». Pio: «E lui a volte riesce a essere meno superficiale!».
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