Torna la Partita del Cuore, Ruggeri: «In Nazionale mi sento utile alla causa»

Il capitano dei cantanti in campo domani sera all’Aquila: «Ho colleghi bravi ma non credo in collaborazioni per soldi»
L’AQUILA. Lo stadio Gran Sasso d’Italia dell’Aquila torna ad ospitare domani sera (ore 21.15, in diretta su Rai1) la Partita del Cuore 2025, il classico appuntamento calcistico a scopo benefico durante il quale la Nazionale cantanti e quella politici si sfideranno per raccogliere fondi da destinare al Progetto Accoglienza dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, che offre alloggio e sostegno gratuito alle famiglie che giungono a Roma per le cure dei propri figli affetti da gravi patologie.
Sarà la rivincita dei cantanti che lo scorso anno, sempre nello stadio aquilano, persero la partita. Un appuntamento che dovrebbe prevedere la presenza di Gabry Ponte con la sua Tutta l’Italia ad infiammare gli spalti dell’Italo Acconcia, andati sold out da diversi giorni.
Tra i tanti big coinvolti, soprattutto Enrico Ruggeri, capitano della Nazionale cantanti e da anni impegnato in quest’iniziativa.
Ruggeri, domani torna all’Aquila per la Partita del Cuore. Cosa la spinge a sostenere da anni questo progetto?
«Mi spinge una valida iniziativa che può dare una mano a chi ne ha più bisogno, sento che tramite la Nazionale possa rendermi utile. In generale, però, giocare a calcio per me è una cosa naturale. Pochi sanno che almeno un paio di volte a settimana mi ritrovo con gli amici più stretti per fare le classiche “partitelle”».
La Nazionale si rinnova col passare del tempo e lei ha avuto diversi compagni, dai big della musica leggera italiana sino alle pop star più giovani. Come vive questo cambiamento e quale collega l’ha impressionata di più?
«È assolutamente fisiologico assistere ad un ricambio nella rosa, non tutti hanno la voglia e la forza di giocare per 40 anni. Io forse sono un caso a parte (sorride, ndr). Oggi ci sono tanti giovani colleghi che stimo e che soprattutto sono molto forti in campo come Moreno, Il Tre, Boosta dei Subsonica e tanti altri. Ragazzi in gamba».
Facendo qualche fraseggio in campo, non le è mai venuta la voglia di pensare a qualche collaborazione artistica, specialmente con i più giovani?
«In questo periodo tutti vogliono fare i featuring, molti purtroppo solo con una finalità economica e di business. Se posso, me la scampo molto volentieri. Vengo da un altro mondo dove si collaborava poco e, se c’erano lavori discografici in comune, ne valeva davvero la pena».
Diciamo che, sebbene prosegua a gonfie vele, la sua carriera deve per forza confrontarsi con una nuova realtà, quella delle piattaforme digitali e degli streaming?
«Per carità, lei ha assolutamente ragione però per fortuna sono fuori dalla logica degli streaming. Tutto quello che ho fatto, l’ho realizzato in passato quando si aveva una percezione più semplice e concreta della realtà».
Eppure oggi il mercato sembra assuefatto da queste classifiche digitali, mentre una volta il successo di un disco era dettato dalle copie vendute e dall’affluenza ai concerti?
«Ciò che mi dispiace da professionista è vedere tanti giovani colleghi che, diventati famosi per un singolo, non reggono la pressione di una crisi cadendo in forme depressive acute. Molti si sentono già arrivati, senza nemmeno aver fatto una normale gavetta. Tutto accade velocemente e molti non reggono».
Lei è il capitano della Nazionale con la numero 10 sulle spalle. Nel calcio è il simbolo del leader e del fantasista che fa vincere le partite. Si sente un numero 10 anche nella musica?
«Professionalmente si perché, come cantante, sono il terminale offensivo del gruppo composto da musicisti, fonici e manager. Ogni frontman è il capitano della sua squadra. Nel calcio, invece, preferisco l’assist al gol, non sono il bomber ma quello che fa di tutto per far vincere la partita».
A proposito di partite da vincere, premettendo che sia una domanda amara, non si può dire lo stesso della sua “pazza” Inter?
«Ahimè è così, però occorre essere obiettivi. L’Inter è arrivata fino all’ultima settimana della stagione con la possibilità concreta di vincere tutto. Purtroppo, nel momento chiave della stagione, le gambe non hanno retto. Forse c’è più rammarico per la finale di Champions dove si è vista la differenza di condizione netta con il Psg. Questo, allo stesso modo, riconferma che si giocano troppe partite durante l’anno, a discapito dello spettacolo».
L’esperienza in America per il Mondiale per club non ha riservato gioie al gruppo nerazzurro. Le piace il nuovo tecnico Chivu?
«È un combattente, per lo meno ha dimostrato di esserlo da giocatore a Milano. Mi auguro davvero che lo sarà anche da allenatore. Perdere con il Fluminense a luglio non conta nulla, diamogli tempo per lavorare e fare bene. Sono fiducioso».
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