Wanna, ascesa e caduta della regina delle televendite

Da mercoledì su Netflix la docuserie in quattro puntate sulla vicenda di Marchi e della figlia Stefania
ROMA. È una storia di ascesa e caduta, ma non di pentimento, quella della ex regina delle televendite Wanna Marchi e sua figlia Stefania Nobile, raccontata da Wanna, docuserie in quattro puntate di Alessandro Garramone al debutto mercoledì su Netflix negli oltre 140 Paesi in cui il servizio è attivo. Un racconto realizzato in due anni, con lunghe interviste all'ex imprenditrice, a sua figlia e al sedicente mago Mário Pacheco Do Nascimento (fuggito in Brasile nel 2001 poco prima dell'arresto della Marchi, rintracciato dagli autori per il film dopo una lunga ricerca).
Un viaggio nella creazione e crollo, tra gli anni '80 e il 2001 di due fortune finanziarie e mediatiche, con le testimonianze delle vittime delle truffe, ex colleghi televenditori (tra cui Walter Carbone e Roberto da Crema), giornalisti investigativi come Stefano Zurlo e Peter Gomez, rappresentanti di forze dell'ordine. C’è, fra gli altri, la figlia di Fosca Marcon (scomparsa nel 2016), che nel 2001 collaborò con Jimmy Ghione di Striscia la notizia per rivelare la rete di raggiri e pressioni psicologiche legati alla vendita di numeri del lotto e riti per salvarsi dal malocchio, che permise alla società delle Marchi di guadagnare oltre 60 miliardi di lire in cinque anni. Sessanta ore di interviste scandite da oltre cento ore di materiali d'archivio per ricostruire gli eventi, fino alle condanne penali a poco meno di dieci anni ognuna, confermate in Cassazione, per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata.
«Abbiamo convinto Wanna Marchi e la figlia a partecipare essendo molto chiari fin dall'inizio», dice Garramone, coautore con Davide Bandiera della docuserie diretta da Nicola Prosatore. «Ho spiegato che questa non sarebbe stata un’operazione di lifting senza controllo. Ho detto a Wanna che avrei cercato tutti coloro che potessero parlare di questa vicenda. La mia idea non era fare una biografia di Wanna Marchi. Loro hanno accettato sicuramente per l'illuminazione mediatica (non hanno ricevuto alcun compenso, ndr), ma devo dire, che pur essendoci stati momenti di tensione, hanno risposto a tutto». Finora «non hanno visto nulla della docuserie, la vedranno per la prima volta quando debutterà su Netflix».
Un aspetto che colpisce nel racconto è che in entrambe non emergano tracce di pentimento nei confronti delle vittime che arrivavano a spendere centinaia di milioni: «Chi è che si pente, Buscetta si pente, io no», dice Wanna Marchi. Vendevo cose, non mi sento di essere una truffatrice». Parlando delle persone che compravano numeri e riti, spiega «siamo tutti deboli, abbiamo bisogno di sicurezze nella vita. È un truffatore chi ti vende certe cose o sei un c...e tu». Dice Garramone, «non sta a me dire se loro siano buone o cattive. Hanno fatto delle cose e sono state condannate. Hanno pagato quello che la giustizia ha deciso e secondo me avevano il diritto di esprimere il loro pensiero. Poi certo era nostro dovere far sì che la docuserie non fosse per loro un megafono». Secondo il produttore Gabriele Immirzi, percepiscono la pena scontata come esagerata. Giovanni Bossetti, manager Netflix, è pronto alle polemiche: «Abbiamo capito subito che avrebbe diviso», spiega. «Nonostante sia una storia legata al passato continua a generare reazioni forti. Era però una vicenda da raccontare».