A rischio l’insediamento dell’Accord Phoenix

Il sindaco attacca il ministro Trigilia: sciolga subito il nodo sui fondi del terremoto a suo tempo destinati alla ripresa delle attività produttive nel nostro territorio
L’AQUILA. C'è il rischio che la Accord Phoenix vada a insediarsi altrove. Sfumerebbero così i 240 posti di lavoro annunciati dall'azienda inglese. E anche se i sindacati attendono ancora di vedere il piano industriale, e la stessa cosa chiede il gruppo consiliare di Appello per L'Aquila, si tratta di un rischio che il territorio martoriato dal sisma e dalla disoccupazione non può permettersi. Per questo il sindaco Massimo Cialente, dopo la sfuriata nei confronti del ministro Carlo Trigilia e del comitato tecnico, che hanno bloccato il finanziamento di 11 milioni destinato agli inglesi, chiede l'intervento del premier Enrico Letta e del segretario del Pd Guglielmo Epifani. Gli fa eco l'ex onorevole Giovanni Lolli, che con Cialente ha intavolato in questi mesi la trattativa con la Accord Phoenix, che ha base a Londra e con l'azionista di maggioranza di origini indiane, stretto collaboratore del primo ministro David Cameron. Secondo il sindaco, entro la prossima settimana Trigilia deve sciogliere il nodo sui fondi che la legge per la ricostruzione destina alla ripresa delle attività produttive: risorse pubbliche che nel testo sarebbero da indirizzare «prevalentemente» al settore chimico-farmaceutico. Un avverbio che fa la differenza, per il comitato tecnico presieduto dal ministro per la Coesione territoriale, visto che la Accord Phoenix si occupa di smaltimento di rifiuti elettronici. «Un'azienda cercata e trovata dall'amministrazione locale», ha tuonato Cialente, «e non certo da chi ha fatto finta di gestire un marketing territoriale fino al fallimento e al deterioramento completo del vecchio sito Italtel, come Aquila Sviluppo». Con un nome diverso, e cioè Invitalia, è la stessa società pubblica a cui ora il ministero ha deciso di far gestire i 100 milioni per le imprese, stornati dai finanziamenti per il terremoto. E sempre Invitalia, dopo che il Comune ha acquisito il sito della ex Italtel con i 4 milioni della legge mancia del Pd, sta per entrare nell'operazione di rilancio del Gran Sasso, con l'affitto di un ramo d'azienda del Centro turistico. Insomma, un affaire non da poco, intorno a cui ruotano tanti soldi e anche quei posti di lavoro tanto agognati dagli ex dipendenti del polo elettronico, che dovrebbero essere i primi a rientrare nella nuova fabbrica. Gli inglesi hanno già firmato un accordo di fitto per i capannoni della ex Finmek, e di tasca loro metterebbero 40 milioni di euro, a fronte però degli 11 negati dal ministero. «Se, a causa di queste lungaggini, l'azienda dovesse ritenere più conveniente andare ad aprire lo stabilimento altrove», ha rimarcato Lolli, «sarebbe questa una responsabilità immensa che qualcuno dovrà pure assumersi. Spero, e per questo mi impegnerò con tutte le mie forze che, le autorità statali e governative vogliano considerare l'assoluta straordinarietà di questa vicenda e l'affrontino con la consapevolezza che è in gioco la vita di centinaia di famiglie di disoccupati e terremotati». Sulla vicenda intanto chiede lumi il gruppo consiliare di Appello per L'Aquila, che ribadendo la necessità del nuovo insediamento, vuole che «il sindaco renda noto subito il piano industriale, avviando un confronto con le parti sociali e tutti gli interessati. Noi ci vogliamo rendere utili anche perché in passato l'agire solitario nelle vicende del polo elettronico ha portato a scelte di cui oggi tutti possono constatare il fallimento». Dal tavolo romano di giovedì, abbandonato con enfasi, il sindaco ha comunque portato a casa un risultato: «Nonostante la terribile litigata», ha detto Cialente, «abbiamo preso i 15 milioni per il Centro Turistico del Gran Sasso».
Romana Scopano
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