Andrea Bafile, eroe della Grande guerra

Nato il 7 ottobre del 1878 a Monticchio morì in battaglia nel marzo 1918. In vista iniziative e pubblicazioni per ricordarlo

Sono iniziate da qualche tempo le Celebrazioni per i cento anni della prima guerra mondiale. Gli alpini in congedo celebreranno degnamente l’avvenimento con una serie di iniziative, anche in preparazione dell’88ª Adunata nazionale che si terrà all’Aquila il mese di maggio del 2015. Un contributo verrà dato prossimamente con la pubblicazione di una monografia su Andrea Bafile (curata dall’autore di questo articolo, ndr) contenente la documentazione del fondo Bafile, depositato nella Biblioteca provinciale «Salvatore Tommasi» dell’Aquila, donata dalla famiglia e catalogata dal cardinale Corrado Bafile, fratello della medaglia d’oro.

Andrea Bafile nacque a Monticchio, all’epoca frazione del comune di Bagno, il 7 ottobre 1878, da Vincenzo, medico chirurgo, e da Maddalena Tedeschini. La famiglia Bafile proveniva da Coppito, dove i componenti svolgevano l’attività di «fornaciai». Si stabilirono a Monticchio forse per la ricchezza delle acque e vi impiantarono una fabbrica di mattoni. La madre Maddalena, originaria di Borbona, era cugina del cardinale Federico Tedeschini e nipote dell’altro cardinale Giuseppe D’Annibale. Primo di dodici figli, studiò all’Aquila frequentando fin dal 1892 il Regio Istituto Tecnico Ottavio Colecchi. Conseguì la licenza della Sezione Fisico-Matematica nel 1896. Nell’autunno dello stesso anno superò il concorso per l’ammissione all’Accademia Navale di Livorno. Terminato il corso nel 1899, fu nominato Aspirante nell’ottobre dello stesso anno e Guardiamarina il 21 dicembre. La carriera andò avanti speditamente. Nell’aprile del 1902 fu promosso sottotenente di vascello, nell’ottobre del 1907 tenente di vascello. Fu sempre imbarcato, salvo due brevi interruzioni. Ufficiale di viva intelligenza: ideò un apparecchio per rendere più efficaci i grandi cannoni; questo studio gli valse un elogio pubblico da parte della Marina Militare. Nel 1913, imbarcato sulla Quarto, salvò la nave dall’esplosione della santabarbara. Per questo atto di eroismo gli fu concessa la medaglia d’argento al valore.

Nell’ottobre del 1917, organizzò e diresse la spedizione aerea su Cattaro, acquistando in quest’occasione l’ammirazione e l’amicizia fraterna di Gabriele D’Annunzio.

Quest’operazione gli valse la medaglia di bronzo, ma riportò una grave lesione alla cornea dell’occhio destro.

Dopo la convalescenza, chiese e ottenne il comando del glorioso battaglione Monfalcone, dando così un notevole contributo al salvataggio di Venezia dall’invasione austro-ungarica.

Alla fine di febbraio del 1918 ebbe il comando interinale del battaglione d’assalto Caorle, iniziando in tal modo un’offensiva sulla linea del Piave allontanando il pericolo di invasione della città lagunare.

Il 10 marzo del 1918, con quattro marinai Arditi, svolse una ricognizione alla riva sinistra del Piave, per accertarsi della consistenza nemica, evitando così di lanciare un attacco che sicuramente avrebbe provocato notevoli perdite agli italiani.

La stessa notte rientrando dalla missione si accorse che mancava un marinaio. Lasciò al sicuro gli Arditi e tornò indietro a cercarlo. Dopo averlo trovato, nel rientrare nel reparto furono investiti da numerose raffiche di mitra.

Il marinaio rimase ferito e Bafile, colpito alla gamba, ebbe l’arteria femorale recisa.

Ricoverato all’ospedale Cà Sicilia, poco dopo spirava.

Per questo atto gli fu conferita la medaglia d’oro al valore militare alla memoria:

«Comandante di un battaglione marinai, mentre preparavasi un’operazione sull’estrema bassura del Piave, volle personalmente osare un’arrischiata ricognizione tra i canneti e i pantani della sponda sinistra, perché dallo strappato segreto delle difese nemiche traesse maggior sicurezza la sua gente. Tutto vide e frugò e, sventato l’allarme, già trovava riparo, quando notò la mancanza di uno dei suoi Arditi. Rifece allora da solo la via perigliosa per ricercarlo e scoperto poi dal nemico mentre ripassava il fiume, e fatto segno a vivo fuoco, veniva mortalmente ferito. Guadagnava la sponda destra in gravissime condizioni, conscio della fine imminente, con mirabile forza d’animo e completa lucidità di mente riferiva anzitutto quanto aveva osservato nella sua ricognizione e, dirigendo ai suoi parole infiammate, atteggiato il volto al lieve sorriso che gli era abituale, si diceva lieto che il suo sacrificio non sarebbe stato vano. E passò, sereno qual visse, fulgido esempio delle più elette virtù militari, coronando con gloriosa morte una vita intessuta di luminoso coraggio, di fredda, consapevole e fruttuosa audacia, del più puro eroismo. Basso Piave, 11 marzo 1918». La salma fu inumata nel cimitero militare di Cà Gamba, alla foce del Piave, a Cavazuccherina, oggi Jesolo. Gabriele D’Annunzio ne ricordò più volte il sacrificio nei suoi discorsi, chiamandolo «mio fratello d’Abruzzo». Nel 1922-23 per iniziativa dell’onorevole Paolucci, dopo aver ottenuto dalla famiglia Bafile l’assenso, fu decisa la traslazione della sua salma al sacrario di Bocca di Valle nei pressi di Guardiagrele. La cerimonia si svolse il 20 settembre del 1923, al cospetto dei familiari, autorità e cittadini di ogni ceto sociale. Parteciparono secondo un cronista circa dodicimila persone. Il discorso ufficiale fu tenuto da Emanuele Filiberto di Savoia, Duca d’Aosta, comandante della terza Armata nel conflitto mondiale.

*storico

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