Carabiniere travolto e ucciso, la figlia su Rete4: «Il suo investitore è già libero»

Lo sfogo di Sara Anzini: «C’è bisogno di pene più severe e giuste, basta favorire chi non rispetta la legge». Un 40enne ha scontato la parte finale della condanna con l’affidamento in prova
SULMONA. «C’è bisogno di pene più severe e più giuste. A causa della legge che non funziona, ora l’assassino di mio padre è libero». Sono le parole, dure, di Sara Anzini, figlia del carabiniere Emanuele, investito e ucciso a Terno d’Isola nel giugno 2019. Sara, giovane sulmonese, è stata ospite domenica sera nel programma di Rete4 “Fuori dal coro”, dedicata ai tre carabinieri morti nell’esplosione di Castel d’Azzano in provincia di Verona. Dagli schermi televisivi è arrivato anche il ricordo di Anzini, ucciso mentre era in servizio ad un posto di blocco. Emozionata e ancora scossa, la figlia ha lanciato un appello perché si arriva alla certezza della pena almeno per determinati reati.
«Quella sera del 17 giugno mio padre era uscito di casa, pensando di andare incontro ad una giornata lavorativa comune, invece era il suo ultimo giorno» racconta Sara. «Io adesso sarò per sempre privata dell’amore di mio padre che è stato ucciso dall’ignoranza. È ora che queste leggi inizino a far paura e non a favorire chi non le rispetta» continua la figlia del carabiniere ucciso con la voce tremolante e la mente che in pochi secondi ripercorrere gli istanti tragici di quella mattinata.
Emanuele Anzini era un appuntato scelto dei carabinieri originario di Sulmona e lavorava al Radiomobile di Zogno, ogni volta che poteva tornava dove la famiglia d’estate si riunisce. Ha perso la vita il 17 giugno 2019, a 41 anni, 22 da carabiniere, a un posto di controllo in via Padre Albisetti, a Terno d’Isola. Erano le tre di notte quando Anzini aveva intimato l’alt all’Audi A3 guidata da Matteo Colombi Manzi, aiuto cuoco di Sotto il Monte, che oggi ha 40 anni. L’automobilista aveva tentato un «repentino scarto», dirà il consulente del pm, ma centrando Anzini, lo aveva scaraventato a cinquanta metri tirando dritto, per tornare indietro più tardi.
Aveva bevuto quasi cinque volte sopra il limite e, dirà al giudice, si era distratto con il telefonino. Anzini muore: omicidio stradale aggravato dalla guida in stato di ebbrezza e omissione di soccorso. Il 14 febbraio 2020, Colombi Manzi era stato condannato a 9 anni; in appello, il 13 aprile 2021, aveva patteggiato la pena di sei anni, due mesi e venti giorni di reclusione. Con un pre sofferto di 3 mesi e 22 giorni, tra cella e domiciliari, la pena da espiare è andata sotto i 6 anni ed è stata scontata con l’affidamento in prova (speciale) ai servizi sociali.
L'investitore ha risarcito la famiglia del carabiniere, l’associazione Familiari vittime della strada e l’associazione Sostenitori e amici della polizia stradale, parti civili. L’Arma non si era costituita, su scelta della Presidenza del consiglio dei ministri dietro parere dell’Avvocatura. Resta tuttavia il dolore e l’incredulità per una legge che, ripete Sara Anzini, va rivista.
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