Chiama il sindaco “Cetto la qualunque”: assolto

I giudici: «Nessuna diffamazione bensì semplice critica tecnico-amministrativa, per quanto sferzante»
BARETE. Chiamare un sindaco “Cetto La Qualunque” non configura il reato di diffamazione, ma «rientra nel diritto di critica, nella forma di satira». È quanto affermano i giudici della Quinta sezione penale della Cassazione in una sentenza di nove pagine in cui hanno assolto dall’accusa di diffamazione un cittadino di Barete, Sabatino Chiaravalle, autore di una mail indirizzata nel 2020 all’allora sindaco del suo Comune di residenza, Leonardo Gattuso, che cominciava così: «All’attenzione del signor Cetto la Qualunque...». L’appellativo utilizzato, che rimanda al personaggio di fantasia creato e interpretato da Antonio Albanese, aveva poi trovato non risate bensì una coda giudiziaria giunta al termine solo pochi giorni fa. Nell’atto la Suprema Corte afferma infatti che «una personalità politica ha certamente diritto a che la sua reputazione sia protetta, anche fuori dell’ambito della vita privata, ma gli imperativi di questa protezione devono essere bilanciati con gli interessi della libera discussione delle questioni politiche e le eccezioni alla libertà di espressione richiedono una interpretazione stretta». Per gli ermellini l’appellativo rivolto al sindaco «non appare un immotivato attacco denigratorio, finalizzato a svilirne pubblicamente la figura umana e professionale» ma risulta «piuttosto circoscritto a criticarne l’operato tecnico-amministrativo» con l’evocazione di un personaggio «notoriamente inesistente, dunque nella forma scherzosa e ironica proprio della satira, pur se connotata da un tono sferzante che integra l’esercizio della critica politica».
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