Ecosfera, sisma e corruzione: l’intreccio dei piani di ricostruzione

15 Luglio 2012

L’accusa ipotizza che i documenti redatti dai superconsulenti indagati abbiano goduto di un percorso fatto di agevolazioni e corsie preferenziali

L’AQUILA. Io ti dò l’incarico a te, tu mi dai qualcosa a me. O ai miei amici. Su questo scambio (di denaro o altre utilità) legato alle consulenze d’oro assegnate nell’ambito della redazione dei piani di ricostruzione dei paesi del cratere sismico, lavorano gli investigatori che hanno portato via, nei giorni scorsi, carte e supporti informatici dagli uffici e dalle abitazioni di alcuni dei principali personaggi che hanno in mano la ricostruzione dell’Aquila e dei centri del circondario. Un’azione della Procura per capire prima e meglio dove sta l’inghippo della presenza, ritenuta occulta, del colosso numero 1 della consulenza aziendale, l’Ecosfera spa, negli affari della ricostruzione. Dove è ricomparsa, nel filone bis dell’inchiesta madre «Caligola», che a gennaio ha portato all’arresto di otto persone, la parola corruzione.

SEMAFORO VERDE. Tra le altre ipotesi al vaglio dei poliziotti della squadra Mobile di Pescara c’è anche quella secondo la quale determinati progetti, seguiti da determinati professionisti, per determinati incarichi, assegnati da determinati personaggi, abbiano goduto di agevolazioni. Corsie preferenziali per arrivare prima degli altri all’approvazione dei piani, dunque all’intesa con la struttura commissariale e da lì al via libera per avviare la ricostruzione. E, di conseguenza, godere di un posto in prima fila alla tavola imbandita dei finanziamenti pubblici milionari. Del resto, è cosa nota che alcuni dei piani di ricostruzione siano stati presentati dalla stessa struttura commissariale come degli autentici «miracoli» di rapidità ed efficienza, tanto da essere portati a modello per gli altri. Soprattutto per L’Aquila, i cui amministratori immancabilmente venivano marchiati d’insipienza dalla stessa struttura commissariale. E che bene avrebbero fatto a specchiarsi agli altri. Gli esempi di questo tipo non mancano. E neppure le corse alla primogenitura.

BARETE. Il 24 aprile 2012 la struttura commissariale emetteva un comunicato dal titolo: «Approvato il primo piano di ricostruzione nel cratere». Cinquantuno milioni di euro, e neppure per tutto il paese, tanto da far dire al commissario delegato Gianni Chiodi che «il Comune di Barete è stato estremamente determinato e puntuale nell’attuazione di tutte le procedure previste». Più avanti si scopre che la firma del piano è di uno degli indagati. «La redazione del piano è stata affidata ai tecnici comunali dell’ufficio sisma di Barete, affiancati da un consulente esterno, il prof. Marco D’Annuntiis dell’Università di Camerino, che si sono avvalsi della collaborazione con la struttura tecnica di missione» diretta da un altro degli indagati eccellenti, l’architetto Gaetano Fontana.

CONSULENZE D’ORO. Quanto sono costate queste consulenze ai piccoli Comuni? Chi le ha consigliate? C’è stato chi le ha imposte o ha tentato di farlo? Se sì, in cambio di cosa? Questi sono soltanto alcuni degli interrogativi ai quali la Procura, nel corso delle indagini, darà una risposta. Per ora, uno dei dati che balza agli occhi è che il nome dell’architetto e docente universitario con studio a Corropoli (Teramo) ricorre anche in altri Comuni, per altre collaborazioni. È il caso del Comune dell’Aquila, limitatamente al piano di ricostruzione della frazione di Tempera che nel luglio 2010 muoveva i primi passi. A febbraio di due anni fa il compito di realizzarlo fu assunto dalla facoltà di Architettura dell’Università di Camerino, con sede ad Ascoli Piceno, attraverso una convenzione sottoscritta con l’amministrazione separata per i beni di uso civico. Le linee guida di quel piano furono consegnate al sindaco Massimo Cialente il 27 luglio dal preside Umberto Cao, dal docente coordinatore tecnico per la Scuola di design e architettura, Marco D’Annuntiis, e dal responsabile scientifico del progetto Sergio Iovenitti. Agli investigatori non sfugge che gli stessi nomi di Barete si ritrovano poi anche a Tempera e da lì a Ocre e a Barisciano, gli altri Comuni dove hanno lavorato alcuni dei personaggi coinvolti nell’indagine.

I SINDACI. La nuova inchiesta della Procura ha messo in crisi le convinzioni più profonde di quei sindaci che hanno sempre visto nel tandem Fontana-Nigris la soluzione di tutti i loro problemi.

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