Eversione neofascista, sei anni a Manni

Condannato l’ex carabiniere ritenuto a capo di un gruppo che voleva «carbonizzare Napolitano»

L’AQUILA. «Questo è il momento storicamente perfetto per carbonizzare Napolitano e la sua scorta. Da qui deve iniziare la liberazione d’Italia».

Per questa e altre affermazioni, oltre ai piani di attentati per uccidere politici e giudici, far saltare questure, prefetture e la sede di Equitalia di Chieti, è stato condannato dal gup del tribunale dell’Aquila Guendalina Buccella, con rito abbreviato, a sei anni di reclusione, Stefano Manni, di 51 anni, ascolano residente a Montesilvano, ex carabiniere.

Il pubblico ministero Antonietta Picardi, titolare dell’inchiesta, aveva chiesto la condanna alla pena di nove anni. Assolto al termine della stessa udienza Franco Montanaro, 48 anni, nato a Roccamorice (Pescara).

Manni è stato ritenuto il capo indiscusso del gruppo politico clandestino “Avanguardia ordinovista”, sgominato dall’operazione “Aquila nera”, condotta in diverse regioni d’Italia (Abruzzo, Lombardia, Piemonte Lazio e Campania) dal Ros dei carabinieri, che portò il 22 dicembre 2014 all’arresto di 14 persone, di cui 11 in carcere e 3 ai domiciliari.

Le accuse contestate a Manni sono quelle di associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico e associazione finalizzata all’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Nell’inchiesta furono indagate a piede libero altre trenta persone. Nel luglio 2015 furono disposti i rinvii a giudizio di tutti gli accusati iniziali, in tutto 44 persone. Attualmente una ventina di persone è sotto processo davanti al tribunale di Pescara. Non tutti hanno le stesse accuse, visto che molte di queste persone sono state inquisite solo per avere approvato su Internet i disegni eversivi dei più esagitati.

Tra gli obiettivi del gruppo neofascista c’erano anche gli ex presidenti della Regione Abruzzo Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi, la senatrice del Partito democratico Stefania Pezzopane, il vicesindaco dell’Aquila ed ex procuratore Nicola Trifuoggi e l’allora leader dell’Unione di centro Pier Ferdinando Casini.

Gli obiettivi del gruppo erano legati alla preparazione di attentati per uccidere politici e giudici, far saltare questure, prefetture e la sede di Equitalia di Chieti. La magistratura bloccò sul nascere le velleità dei neofascisti che volevano minare la stabilità sociale per preparare il terreno a un nuovo «soggetto politico».

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