Ex Otefal, la beffa dell’asta: acquistato un solo lotto

Sindacati in allarme per il rischio di uno spezzettamento del sito industriale L’operazione garantirà solo la ricollocazione di nove dipendenti su 170

L’AQUILA. Stavolta l’asta non è andata deserta. Ma l’unico acquirente, un neonato consorzio di aziende, ha rilevato solo un lotto dell’immobile, quello riservato alla cosiddetta «stiratura» dell’alluminio.

Si complica, dunque, la vicenda dell’ex Otefal di Bazzano e dei suoi 170 lavoratori che da giugno sono in mobilità. I timori espressi alla vigilia della quarta asta per la vendita dello stabilimento, durante il tavolo convocato in prefettura, si sono rivelati fondati. Il rischio di uno «spezzettamento» del sito industriale, i cui macchinari sono ancora oggetto di leasing, è ormai una realtà. Tanto che i sindacati hanno immediatamente richiesto al curatore fallimentare Omero Martella di poter incontrare i nuovi proprietari, per capire quale futuro si prospetta per la fabbrica e le sue maestranze. Tra l’altro, all’asta ha partecipato solo un gruppo appena costituito, tra la «Feral Recycling» di Chieti e la «Vs Alluminium» di Paganica, e sono spariti gli spagnoli della «Lux Perfil», che nelle scorse settimane avevano presentato un’offerta di acquisto, illustrata anche al sindaco Massimo Cialente.

Il 5 dicembre è prevista la riunione del comitato dei creditori: subito dopo Fim, Fiom e Uilm chiederanno un secondo passaggio in prefettura, per conoscere piano industriale e prospettive.

Di certo, nell’unico capannone acquistato, quello denominato D, potrebbe lavorare un numero esiguo dei 170 lavoratori: si tratta, infatti, della linea tensospianatrice del materiale grezzo, la Stirall, che rappresenta il passaggio più semplice e con meno personale di tutto il processo di lavorazione dell’alluminio e richiede tre operai su tre turni, in tutto nove.

«Bisogna capire quali sono le intenzioni degli acquirenti», sottolineano Fim, Fiom e Uilm, «e se ci sono i presupposti per valutare anche altre offerte. Il nostro obiettivo non è solo far ripartire la fabbrica, ma anche tutelare tutti gli attuali dipendenti in mobilità». La preoccupazione più forte che serpeggia tra i lavoratori è che lo stabilimento venga completamente smembrato e magari delocalizzato. C’è poi il problema dei macchinari in leasing, che sono di proprietà delle banche. E la domanda più ricorrente è che fine abbiano fatto gli spagnoli, che sembravano intenzionati a rilevare tutto l’immobile, riassorbendo il personale, «il cui progetto era stato sbandierato ai quattro venti dal sindaco Cialente».

Romana Scopano

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