Fratelli gay minacciati di morte: tutta Trasacco si schiera con loro

7 Dicembre 2025

Raffica di chiamate anonime: «Se uscite per strada vi ammazziamo». Scatta la denuncia ai carabinieri. Il sindaco Lobene: «Nessuno deve sentirsi intimidito per ciò che è»

TRASACCO. «Se vi incontriamo per strada vi ammazziamo». Dall’altra parte del telefono, dietro una voce anonima e codarda, un uomo di giovane età. Probabilmente in compagnia di altre persone. Quattro diverse chiamate, una dopo l’altra. «Non dovete uscire di casa, la vostra presenza sporca questo paese». I due fratelli Angelini sono due ragazzi perbene. Omosessuali. Antonio, 23 anni, attualmente senza lavoro, e Vittorio, 25 anni, imprenditore nell’ambito della ristorazione. Da tempo hanno fatto coming out e vivono la loro sfera sentimentale senza filtri, né condizionamenti. Sono finiti i tempi delle crisi d’identità, quando rinnegavano il loro essere e cercavano una scappatoia per affrontare la vita.

«C’è stato un tempo in cui ci nascondevamo», ha confessato Antonio. «Non so spiegare quanto è stata dura. Poi un giorno i nostri genitori ci hanno presi da parte e ci hanno detto che avevano capito. Che non avremmo più dovuto fingere, che potevamo essere ciò che siamo senza nessuna vergogna. Da allora siamo due persone infinitamente libere». Quella carezza di mamma e papà gli ha regalato una seconda esistenza. Come se avesse legittimato la loro verità. E invece, a distanza di anni, si ritrovano loro malgrado al centro di una storia di bullismo e di violenza. E di ignoranza. «La prima chiamata qualche mattina fa. Rigorosamente anonima», spiega Antonio.

«Io ho subito attaccato. Mio fratello Vittorio invece ha risposto. Gli hanno urlato le cose peggiori al mondo. Offese irripetibili. Poi, però, hanno ulteriormente alzato i toni: “Se vi incontriamo per strada vi ammazziamo. Non dovete uscire di casa”». A quel punto, consapevoli di non poter far cadere inascoltate le minacce, si sono recati alla stazione dei carabinieri di Trasacco per denunciare quanto accaduto. «I militari ci hanno offerto un primo, grande segnale di vicinanza. Ci hanno detto di andare fino in fondo per risalire ai responsabili, perché quanto accaduto è inaccettabile», ha dichiarato. Quando sono tornati a casa le chiamate sono ricominciate. Stessi toni audaci nascosti dietro il buio dell’anonimato.

Stavolta, però, il contenuto è stato interamente registrato e consegnato agli inquirenti, che ora indagano per risalire al responsabile delle chiamate. «L’odio gratuito dice sempre molto di più su chi lo pratica che su chi lo subisce. Io, come mio fratello, andiamo avanti per la nostra strada, a testa alta, perché la dignità fa rumore più dell’anonimato», ha scritto Vittorio sul proprio profilo Facebook. Il post ha fatto il giro del paese ed è arrivato all’attenzione del sindaco, Cesidio Lobene, che si è procurato un contatto e ha manifestato la propria solidarietà ai due concittadini. Poi, di suo pugno, ha scritto a mezzo social: «La nostra comunità non tollera alcuna forma di odio o discriminazione. Le minacce e le offese rivolte a questi ragazzi sono un attacco ai valori fondamentali di rispetto e convivenza civile che ci uniscono. A loro va tutta la mia vicinanza e il sostegno di tutta la nostra comunità, ribadisco con forza che nel nostro Comune nessuno deve sentirsi solo o intimidito per ciò che è o per chi ama. Siamo e resteremo una comunità libera, inclusiva e coraggiosa. Forza ragazzi, siamo al vostro fianco».

Lobene ha fatto inoltre sapere al Centro che «nel caso si perseguissero i responsabili per via legale, il Comune sarà pronto a costituirsi parte civile». Iniziativa di evidente significato istituzionale che ha inorgoglito i due giovani: «Dobbiamo essere onesti, ci ha fatto molto piacere ricevere il sostegno pubblico e privato del sindaco. Per questo vogliamo ringraziarlo. Sull’accaduto facciamo fatica persino a esprimerci. Ma intendiamo far sapere a queste persone che hanno sbagliato mire. Su di noi non eserciteranno alcun potere. Il più grande augurio che possiamo fare loro è di vivere la loro vita».

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