Fungarolo abusivo fermato con 43 chili di funghi nel parco

16 Novembre 2018

Sorpreso dai carabinieri nell'area protetta dell'Ente Gran Sasso e Monti della Laga. Scattano multa e confisca

ASSERGI. Fermato nel parco con un "bottino" di  43 chili di funghi, scattano multa e sequestro. E' quanto avvenuto nei confronti di un escursionista e raccoglitore abusivo di funghi in località "Cavoni, in area protetta Zona 1 del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga del Comune di Cortino (Teramo). I militari della Stazione carabinieri “Parco” di Cortino hanno accertato che aveva raccolto l’ingente quantitativo di funghi malgrado non fosse in possesso del prescritto tesserino regionale di autorizzazione. Il "fungarolo abusivo" aveva raccolto 43 chilogrammi di funghi epigei spontanei appartenenti a diverse specie (Pleurotus eryngii, Macrolepiota procera e altri). Gli uomini del Comando stazione hanno osservato mentre l’uomo raccoglieva piccoli quantitativi di funghi, li metteva in buste o cassette che occultava per poi passare a riprenderle sulla strda del ritorno. I funghi sono stati consegnati all’Ispettore Micologico Sergio D’Ostilio del servizio Sian della Asl di Teramo per la successiva distruzione. La normativa (Legge regionale 34/2006 s.m.i., art. 3, comma 1 e art. 2 comma 1 e 6, sanzionati con art. 21, comma 1 lett. c)-1 e art 21, comma 1 lett. b)-2.), determina in 3 kg pro-capite il limite ordinario di funghi epigei spontanei che si possono raccogliere, fatte salve alcune eccezioni che rientrano nei diritti di uso civico e di residenza che innalzano il limite di alcune unità. Inoltre, l’illecita raccolta di funghi, effettuata in mancanza del corso propedeutico all’ottenimento dell’abilitazione alla raccolta (tesserino), aumenta il rischio che qualcuno (parenti, amici, compratori) possa ingerire elementi tossici o velenosi. Il presidente del Parco Tommaso Navarra: “Il prelievo di un così alto quantitativo di funghi, oltre che essere illegale, è profondamente dannoso per il patrimonio ambientale e di biodiversità presente nell’area protetta potendo incidere sulla capacità rigenerativa delle matrici ambientali".