Gigi nella città fantasma

Proietti visita il teatro Comunale dei suoi esordi

«Mamma mia, mamma mia... In quest’albergo ci ho vissuto per giorni e giorni, e soprattutto ci ho passato tante nottate. Mi vengono in mente tanti amici, tante bevute. Una in particolare che Federico Fiorenza ricorda bene, con Vittorio Gassman e Carmelo Bene». E’ un Gigi Proietti serio, colpito, commosso quello che si addentra nella città proibita.
 
Proietti è all’Aquila, la città dove si è svolta la grandissima parte della sua vita teatrale. Dalla fine degli anni Sessanta all’altro ieri, da attor giovane a direttore artistico e presidente del Tsa. Davanti all’hotel Duca degli Abruzzi la sua flemma si scioglie, di fronte alle macerie di una struttura in cemento armato completamente accartocciata su se stessa i ricordi si affastellano e vince lo scoramento. «Ma com’è possibile? A fianco c’è una costruzione antica che ha resistito e questa è crollata?».
 
L’attore è stato invitato da Federico Fiorenza, solida colonna portante del Tsa (prima Teatro stabile dell’Aquila, poi Teatro stabile d’Abruzzo).
 
Arriva in piazza della Fontana luminosa attorno all’1 di pomeriggio, a bordo di un Land Rover bianco, nuovo. L’attore che tutti conoscono come Maresciallo Rocca, come Bruno Fioretti, er Mandrake di «Febbre da cavallo», come l’uomo della pubblicità del caffè, di «A me gli occhi please» e di centinaia di altri titoli, appare provato, scuro in volto, quasi come il cielo plumbeo di questo terzo martedì di passione dopo il terremoto.
 
La pioggia incessante accompagnerà tutto il suo viaggio nella città proibita, chiusa a tutti, spettrale, animata solo dalle anime sante dei vigili del fuoco, dei militari, dei carabinieri, dei poliziotti. Gli unici che possono circolare liberamente, o quasi, tra macerie e distruzione.

IL CENTRO OPERATIVO MISTO.
E’ solo grazie a Piero Moscardini, dirigente della Protezione civile nel Com (Centro operativo misto - diretto dall’aquilano Roberto Gullì) che la visita in città si può realizzare. Nell’asilo di via Scarfoglio, diventata base del Com Proietti viene accolto come una star, qual è. Moscardini è un tipo tosto, uno che ha «fatto» i terremoti dell’Irpinia e del Friuli, ed è volato anche in Thailandia cinque anni fa a recuperare gli italiani travolti dallo tsunami. Accoglie con affetto e gratitudine Proietti, da romano a romano, e per prima cosa lo porta nella cucina della scuola dove è stata allestita alla bell’e meglio, ma in pochissime ore, una radio. Si chiama Radio L’Aquila 1 (93,5 Mhz) e fornisce notizie e indicazioni agli sfollati. Una testimonianza di affetto e di vicinanza con l’intervista all’artista.

ELMETTI IN TESTA.
 Giacca di velluto e pantaloni neri, maglioncino girocollo blu, camicia bianca, la chioma fluente leggermente più sale e pepe di quanto non si veda in televisione o al cinema, la barba più ispida che mai, uno sguardo sgomento e la parola più pronunciata è «Mamma mia», di fronte alle macerie, di fronte alla distruzione di una città che è piena di ricordi per lui. Ma Moscardini non scherza: «Si entra in città solo con l’elmetto in testa e solo con le nostre macchine». Si parte allora, con una Punto dei vigili del fuoco e una jeep Mercedes della Protezione civile.

STRADE VUOTE.
Viale Duca degli Abruzzi, l’Istituto tecnico Luisa di Savoia transennato, le case puntellate, una Smart distrutta. In via Roma c’è una Boutique dell’insolito, nome tremendo per come è ridotta una delle strade più importanti della città.