Gli addetti degli Iper"Stop alle aperturetutte le domeniche"

"Parecchi di noi non fanno un riposo addirittura da 2 anni"

L'AQUILA. Ora, sulle aperture domenicali, parlano i diretti interessati ovvero i dipendenti dei centri commerciali i quali sono contro le aperture indiscriminate visto che ci sono lavoratori «che da due anni non fanno una domenica in famiglia».

«Ora basta» si legge nella nota «gli addetti ai reparti e i commessi del centro commerciale e dei negozi della galleria Leclerc e L'Aquilone dicono no. Basta con le minacce del tipo "se chiudiamo la domenica si licenzia" oppure "se chiudiamo la domenica vi mettiamo i turni spezzati durante la settimana". Ma possibile che sia tanto difficile da sopportare una domenica lontana dal rutilante mondo dell'Aquilone? Non si può pensare che una persona o peggio ancora un'intera famiglia non abbia altri sbocchi se non quello di andarsi a ricacciare lì dentro. Staremmo davvero alla frutta se così fosse! Ai nostri tempi, mica poi tanto lontani, la domenica si trascorreva in famiglia: si andava a far visita ai parenti o agli amici, si guardava "90º minuto" insieme sul divano, oppure nella bella stagione si andava al mare o in montagna o dove si voleva, ma comunque fuori, all'aria aperta. Ora cosa è cambiato?».

«Non hanno forse diritto i dipendenti dei centri commerciali» proseguono «trascorrere una domenica (e non un giorno infrasettimanale che nulla cambierebbe alla loro attuale condizione) intera con i propri cari? Quelle assolate ed infinite domeniche di luglio ed agosto in cui nel centro commerciale girano forse 20 persone che entrano più che altro per sottrarsi alla calura ed acquistano al massimo un paio di birre e due etti di mortadella non sono la salvezza dell'economia mentre quella stessa domenica passata lì dentro a lavorare, una domenica in cui una persona avrebbe potuto andarsene al mare con la propria famiglia, è uno stillicidio che stressa il lavoratore, che lo rende scontento e demotivato. Restare chiusi poi in un giorno infrasettimanale non cambierebbe la vita».