Grandi Rischi, i legali della difesa: processo da diritto medioevale

L’avvocato Biondi: il pm Picuti come il mago Houdini Il 22 ottobre la sentenza preceduta dalle repliche
L’AQUILA. «Il pm Picuti è come il mago Houdini, caccia tanti conigli dal cilindro come quando fa diventare componente della Commissione Grandi rischi anche chi non lo è». L’avvocato Alfredo Biondi non ha mancato di fare ricorso alla sua proverbiale ironia per attaccare il castello di accuse della Procura. Biondi, principe del foro, ex ministro della Giustizia, è stato l’ultimo avvocato a parlare nell’udienza di ieri, che precede quella del 22 ottobre nella quale dovrebbe esserci la sentenza. L’avvocato, che difende il professor Claudio Eva, ha ribadito alcune valutazioni fatte poco prima dagli avvocati dello Stato i quali avevano sostenuto che quella non era la commissione Grandi Rischi, data la sua composizione, ma al massimo una riunione di esperti visto che mancavano i due membri di diritto.
«Come si fa a chiedere quattro anni per il mio assistito», si è poi chiesto retoricamente l’avvocato, «per il solo fatto di avere fatto valutazioni obiettivi per poi concludere che non è possibile assicurare che non ci saranno terremoti?».
Biondi ha rievocato, a sostegno della tesi assolutoria, la testimonianza del sindaco Massimo Cialente, il quale affermò di non essere stato rassicurato dopo la riunione del 31 marzo 2009. «È stato coraggioso e leale nel fare quelle affermazioni», ha commentato.
Strali contro la Procura anche dall’avvocato Filippo Dinacci, difensore degli imputati Mauro Dolce e Bernardo De Bernardinis, il quale ha parlato di «processo da diritto medioevale». «Si chiede la condanna», ha detto, «sulla base di un giudizio probabilistico peraltro molto improbabile». «Se De Bernardinis», ha aggiunto, criticando la Procura, «è una vittima in quanto non sismologo si abbia il coraggio di chiedere l’assoluzione. Non si capisce per quale motivo ci debba stare una richiesta di condanna». Per quanto riguarda Dolce ha detto «non dovrebbe stare nemmeno qui visto che nel capo di imputazione non gli si contesta nulla». «Non ci dobbiamo preoccupare di grandi assenti ma di finti presenti. Bertolaso invece è tra i giustamente assenti», ha quindi sostenuto polemizzando con quanto detto nella scorsa udienza dall’avvocato Franco Coppi (anche lui nel collegio difensivo), il quale avrebbe ben visto Bertolaso tra gli accusati. «Questo processo», ha tuonato Dinacci, «non doveva esistere». Il medesimo legale si è poi rivolto al giudice unico, Marco Billi chiedendo: «Se la sente lei di infliggere quattro anni a chi non ha previsto un evento imprevedibile?».
Duri con la Procura anche gli avvocati dello Stato Carlo Sica e Massimo Giannuzzi. «Il verbale della riunione non era conoscibile», hanno detto, «in quanto redatto e sottoscritto dopo il terremoto». «Sotto la cenere», ha detto Sica, «cova l’idea che Bertolaso abbia mandato sette killer per dire agli aquilani di stare tranquilli. Se fosse stato questo il suo intendimento non avrebbe telefonato all’allora assessore regionale Daniela Stati per smentire un comunicato, quello sì rassicurante, della Protezione civile locale». Tutti gli imputati sono accusati degli stessi reati: omicidio colposo, disastro colposo e lesioni. Il 22 ottobre prima della sentenza ci saranno le repliche. Poi la camera di consiglio.
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