Grandi Rischi, politici e Bertolaso nel mirino

Al vaglio del pm le posizioni dell’ex capo della Protezione civile indagato nel procedimento satellite insieme all’ex assessore Stati dopo una denunci. E spunta una nuova intercettazione tra Boschi e Bertolaso: "La verità non si dice"
L’AQUILA. La sentenza di condanna dei componenti dell’ex commissione Grandi Rischi chiude un caso giudiziario ma non è tutto qui. Restano aperte altre vicende collaterali, che possono portare a soluzioni clamorose, come quella denominata dei «grandi assenti». Si tratta di persone che non sono entrate nel filone principale di indagine ma sono state evocate e chiamate in causa ripetutamente del corso del dibattimento da parti civili e difese: in primo piano l’ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso e l’ex assessore regionale Daniela Stati. Essi entrarono in ballo, in seguito alla ben nota telefonata tra loro intercorsa, che fu segnalata in un esposto dall’ avvocato Antonio Valentini, il quale per primo denunciò la commissione avviando quel procedimento che si è chiuso con la condannata a sei anni di carcere (qui sotto la versione integrale della telefonata pubblicata da Repubblica.it nell'inchiesta Il terremoto negato - Leggi).
La vicenda, dunque, ruota intorno alla telefonata intercettata tra Bertolaso e Stati: nella conversazione Bertolaso definiva la riunione della commissione «un’operazione mediatica» e affermava che la riunione non era convocata «perché siamo spaventati ma perché vogliamo tranquillizzare la gente. Bisogna zittire qualsiasi imbecille e placare illazioni e preoccupazioni». L’intercettazione è venuta fuori in occasione di un’indagine sul G8 della Maddalena e venne acquisita con una stratagemma visto che fu riproposta durante una trasmissione in tv con lo stesso Bertolaso alla quale il suo legale aveva suggerito di non partecipare. Poi, anche in seguito a quella denuncia, l’indagine marciò più speditamente. Nella sua segnalazione l’avvocato riteneva inevitabile che Bertolaso venisse indagato per omicidio colposo in cooperazione con gli altri imputati. Conseguenza: Bertolaso e la Stati sono indagati in un procedimento connesso ancora da definire. «Le cose che ha poi detto Bertolaso nel suo interrogatorio», ha commentato Valentini, «sono state come un ulteriore atto di accusa nei confronti degli imputati». La Stati, da noi contattata, non ha voluto rilasciare commenti.
Ma la telefonata tra Bertolaso e la Stati non è l'unica in cui si parla delle dichiarazioni "rassicuranti" che avrebbe dovuto rilasciare la Commissione Grandi Rischi. Repubblica.it ha pubblicato l'intercettazione tra l'allora capo della Protezione civile e il sismologo Enzo Boschi. Il 9 aprile del 2009, tre giorni dopo il terremoto, la commissione Grandi rischi si è riunita nella sede dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia a Roma. Prima della riunione i due parlano al telefono."Mi hanno chiesto: ma ci saranno nuove scosse?" dice Bertolaso. "La riunione di oggi è finalizzata a questo, quindi è vero che la verità non la si dice. Alla fine fate il vostro comunicato stampa con le solite cose che si possono dire su questo argomento delle possibili repliche e non si parla della vera ragione della riunione. Va bene?". (leggi l'articolo e ascolta l'audio)
Nel processo alla commissione Grandi Rischi Bertolaso è stato citato nella veste di «grande assente» anche dall’avvocato Franco Coppi, difensore di uno degli imputati. Una presa di posizione non condivisa, però nel suo intervento, da un altro avvocato del collegio difensivo, Alfredo Biondi.
Ma «grandi assenti» secondo un esposto presentato da alcune parti civili, sono anche alcuni amministratori pubblici aquilani. A loro avviso ci sono state una serie di omissioni di buon governo che hanno aggravato il bilancio della tragedia. Non basta. Nel corso di una delle ultime udienze c’è stato un altro colpo di scena. Infatti uno dei legali di parte civile, Fabio Alessandroni, durante la sua arringa, ha chiesto al giudice di inviare gli atti alla Procura della Repubblica in relazione a comportamenti ritenuti meritevoli di valutazione di alcuni politici sempre per omissioni: nel mirino ci sono il sindaco Massimo Cialente, l’assessore comunale Roberto Riga, l’ex assessore regionale alla Protezione civile Daniela Stat i e il dirigente regionale Altero Leone. La decisione sarebbe dovuta arrivare con la sentenza, ma nel documento non vi è nulla di tutto ciò. «È possibile», ha commentato al riguardo lo stesso legale aquilano, «che una risposta arrivi con il deposito della motivazione tra novanta giorni». Qualora così non fosse, l’avvocato, se lo riterrà ancora opportuno, potrà presentare una regolare denuncia per chiamare in causa tutte queste persone.
Esistono, inoltre, delle iniziative giudiziarie sotto il profilo civile che sono state avviate parecchi mesi fa chiamando in causa, da parte dei familiari delle vittime, la presidenza del consiglio dei ministri. Le citazioni avanzate contemplano complessivamente richieste di danni per almeno venticinque milioni ma le sentenze del tribunale civile sono lontane.
Ieri, nonostante non ci fossero udienze che lo riguardassero, si è visto a Palazzo di giustizia il giudice Marco Billi, colui che ha condannato i sette componenti della Commissione. Il giudice, che oggi terrà regolarmente udienza, ha trascorso diverso tempo negli uffici della Procura della Repubblica a conversare con i suoi colleghi. Ieri è stata un’altra giornata caratterizzata da un viavai di avvocati, soprattutto di parte civile, sempre negli uffici della Procura, dopo che due giorni fa, 24 ore dopo la sentenza, c’è stata una visita di alcune parti civili al pm Fabio Picuti per commentare la sentenza favorevole. Da segnalare, inoltre, un breve commento dell’avvocato Wania Della Vigna, che ha assistito undici parti civili. «All’Aquila», afferma, «non vi fu un’allerta adeguata. Furono tranquillizzati dalla commissione Grandi Rischi anche i decisori politici e istituzionali, ossia quelli che, per mestiere, avrebbero dovuto avvertire la popolazione del pericolo».
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