I sogni di Pelliccione, quella star mancata che si ribellò a Chaplin 

Fu la controfigura di Charlot che lo cacciò ai primi successi All’artista marsicano la sua Rosciolo dedica un monumento 

MAGLIANO DE’ MARSI. «A un certo punto il rapporto con Charlie Chaplin si incrinò perché non era contento del successo che io, vestito come Charlot, andavo conquistando nelle città americane». Eugène De Verdi, pseudonimo di Vincenzo Pelliccione, nato nel 1893 a Rosciolo dei Marsi, oggi frazione di Magliano che lo ricorderà con un monumento da inaugurare domani, ha conosciuto da vicino il mito del cinema comico muto, col quale ha lavorato quasi 8 anni, tra conflitti latenti e ambizioni artistiche irrealizzate.
la ricerca DI TUCCERI
Pelliccione visse questa esperienza in maniera conflittuale a causa delle sue aspirazioni artistiche che, all’ombra del grande comico, non ebbe occasione di esprimere compiutamente. Con una ricerca, basata su alcuni documenti e soprattutto sulla testimonianza in prima persona di Pelliccione, risalente al gennaio del 1978, poco prima della sua morte, lo storico e scrittore avezzanese Vittorio Tucceri ha ricostruito i passaggi cruciali di una vicenda straordinaria, che portò un figlio della Marsica nel tempio del più grande regista del cinema muto di inizio Novecento.
il sogno americano
Nel 1915, poco prima dell’inizio della prima guerra mondiale, il 22enne Pelliccione lascia Rosciolo e s’imbarca per l’America per inseguire un’ossessione: il varietà e il cinema. A Los Angeles alloggia al Las Palmas Avenue dove, insieme ad altri giovani sognatori, cerca fortuna con tutte le difficoltà iniziali. «Guadagnavo due dollari al giorno, uno per imparare la lingua, l’altro per mangiare», ricorderà l’aspirante attore.
l’incontro con chaplin
Ma la vita, come diceva Luis Borges, “è l’arte degli incontri”, e quello che cambia l’esistenza dell’emigrante marsicano avviene in un ristorante. Chaplin, scrutandolo, resta a bocca aperta per la somiglianza con sé stesso e decide di assumerlo come controfigura. All’iniziale, vertiginoso entusiasmo subentra la frustrazione: «Mentre Chaplin provava le parti con gli attori, io dovevo restare immobile per ore, come l’omino di Charlot. Servivo da spalla, da paragone». In un’altra circostanza Pelliccione aggiungerà: «Durante le prove del film “Il circo” il maestro mi aveva obbligato a nascondermi sotto un tavolo da prestigiatore per aiutarlo nei trucchi: soffrivo, ma non avevo scelta».
“il mio amico-nemico”
Atteggiamenti che indurranno il giovane marsicano a definire Chaplin “Il mio amico-nemico”. Vincenzo, relegato a ruoli marginali con brevi parti saltuarie oltre al ruolo di controfigura, avrebbe voluto in realtà crescere e diventare “altro”, acquisire uno spessore artistico e una propria identità attoriale. Ma in quel mondo non era facile.
i primi successi
È Sid Grauman, grande imprenditore cinematografico, a dare a Vincenzo una possibilità: esibirsi, vestito da Charlot, nei lanci pubblicitari dei film. Pelliccione, pur continuando a lavorare sul set con Chaplin, comincia a emularlo nei panni di Charlot per le strade. «In California e a San Diego la gente mi fermava e mi applaudiva quando facevo il numero con bombetta e pantaloncini a fisarmonica, uguale come una goccia d’acqua al personaggio. Io, povero emigrato, sognavo il successo, mi sentivo il grande Chaplin». Una volta a Los Angeles, durante l’esibizione, causa un ingorgo e viene circondato dalla folla per l’autografo. Il rapporto col grande regista, già difficile per il suo carattere scontroso, si deteriora per il consenso che Pelliccione ricava nelle imitazioni pubbliche.
freddezza e disprezzo
«Chaplin», dirà Vincenzo, «era infastidito dal mio crescente successo e non mi volle più sul proprio set. Soffrii molto per la sua freddezza che sfiorava il disprezzo». Vincenzo, ferito nell’orgoglio, si ribella e sfida la star del cinema: alla prima dei suoi film, in strada e sui palchi, contro la volontà del regista continua a mettere in scena Charlot, raccogliendo consensi: «Chaplin non volle capirmi e io, per dispetto, continuai a imitarlo contro il suo volere». Nel rabbioso scatto d’orgoglio c’era forse il rammarico per ambizioni artistiche mai pienamente realizzate anche per l’atteggiamento ostile dell’autore di “Luci della città”.
il ritorno in italia
Terminata l’esperienza con Chaplin, Vincenzo torna in Europa, a Roma, dove diventa tecnico delle luci ed esperto di effetti speciali in kolossal come Ben Hur. Ma come era il grande regista, sul set e in privato? «Era chiuso come un’ostrica, aveva pochi amici, era gelido e distante. Durante le riprese era sempre in tensione, alla ricerca di una gag, e non esitava a licenziare chiunque non eseguisse alla lettera le sue direttive, a cominciare dal truccatore. Diventava livido di rabbia se una comparsa sbagliava un movimento. Molti attori lo odiavano per questo modo di fare». L’emigrante di Rosciolo si spegne a Roma nel 1978, in una casa di cura, pochi mesi dopo la morte di Chaplin, accompagnato da quei lontani, rutilanti ricordi giovanili che resero la sua vita straordinaria. È la definitiva uscita di scena di Vincenzo Pelliccione, l’uomo che si ribellò a Chaplin.